I Millennials: chi sono e cosa fanno

Aggiornato: 19 Marzo 2023

I Millennials: chi sono e cosa fanno

I Millennials, chi sono

I Millennials di oggi non sono tanto diversi dai giovani dell’antica Grecia.

Le parole di Aristotele sono eloquenti. Lo abbiamo visto nell’articolo Come sono i giovani in cui ho riportato un brano significativo tratto dal Libro II della Retorica: la parte in cui descrive il carattere dei giovani.

Il Maestro li vede animosi e pieni di speranza, di temperamento caldo e desiderosi di onori.

Oggi, i giovani, li chiamiamo Millennials o Generazione Y e li vediamo impazienti e infelici, tecnologicamente dipendenti e difficile da gestire.

Perché si fa tanta fatica a credere alle cose belle mentre a quelle brutte ci si crede subito?

Nicola Carati in La meglio gioventù

Per inciso: stiamo parlando di un disastro socioculturale, una piaga demografica apparsa negli ultimi 20 anni del ventesimo secolo.

Sono i nati tra un click e i primi touch che la demografia colloca dopo la Generazione X, fino all’altro ieri la più sfigata, e prima della Generazione Z che sarà, con buone probabilità, ugualmente targata.

Per un panorama sull’aria che tira tra le generazioni passate, presenti e future La 27esimaora di Corriere della Sera dedica questo pezzo, non recente, ma attuale.

Come sono, cosa fanno

Di recente, un accesso dibattito si è scatenato nell’italico mondo virtuale a seguito della pubblicazione, peraltro a cura di un rispettato blogger che seguo da tempo, di una videointervista registrata a settembre 2016.

Il video, sottotitolato in italiano, descrive accuratamente i giovanotti Millennials: una generazione – poverina! – sfortunata, narcisista, egoista, dispersiva, pigra, dopata di gratificazioni istantanee, medagliata di medaglie che non merita e con l’autostima di uno zerbino.

Il filmato, c’è da dire, ha altamente surriscaldato la websfera, motivo per cui alcuni giornali hanno raddrizzato le orecchie e preso nota; qui, un esempio.

Mi sono messo le mani nei capelli, letteralmente, e mi sono chiesto: ma le cose stanno proprio così?

Le cose non stanno proprio così

No, le cose non stanno proprio così.

Simon Sinek che ho conosciuto guardando questo apprezzato speech sul palco della TED è uno da cui puoi trarre parecchia ispirazione, eppure mi trovo in disaccordo con ciò che dice per tre motivi.

In primo luogo: se è vero che molti dei Millennials non hanno vita facile per via di un insieme di fattori sociali e culturali, politici ed economici mi sembra un pelino azzardato affermare che

abbiamo una generazione che ha poca fiducia in sé stessa e non ha mezzi per affrontare lo stress.

I Millennials hanno accesso all’informazione più di qualsiasi altro umano nella storia dell’umanità. È vero, parecchia informazione presente in rete andrebbe definitivamente gettata alla prima pattumiera digitale.

Tuttavia, su web possiamo trovare un’impressionante quantità di informazioni di altissima qualità, come quella per gestire lo stress e per rivalutare la fiducia in sé stessi, argomenti al cuore dell’intervista.

I link che trovi nell’articolo che stai leggendo ne sono un esempio.

Cercare informazioni su web non è poi così lontano dal cercare un buon libro in una biblioteca. Richiede tempo, fatica e concentrazione.

Anche il risultato, in fin dei conti, è identico: la gratificazione di aver messo le mani o, per meglio dire, gli occhi su qualcosa di buono, utile e istruttivo.

In secondo luogo, ci sono diversi dati che spezzano una lancia a loro favore.

No, non sono

incapaci a raggiungere una vera gratificazione nel lavoro e nelle relazioni

Apro la parentesi, per i più pignoli: ma che cosa significa una “vera gratificazione”?!? Chiudo la parentesi.

nativi digitali, come pure sono conosciuti i Millennials, non sono per niente quel disastro sociale e culturale di cui sentiamo parlare.

Sempre nel 2016, qualche mese prima dell’intervista rilasciata da Sinek, su The Guardian usciva un articolo a firma di Stephen Koukoulas, un autorevole economista australiano. Titolo? I Millennials dovrebbero smettere di frignare. Sono più istruiti e pagano meno interessi (mia traduzione).

Dati alla mano, Koukoulas sostiene che i Millennials di oggi non stanno peggio dei loro genitori alla loro età. Anzi: sono più istruiti, hanno accesso a lavori meno duri e possono accedere a mutui con tassi inferiori a quelli pagati dai loro genitori.

L’economista australiano si spinge oltre e predice: l’attuale Generazione Y vivrà meglio quando arriverà alla stessa età dei loro parenti.

Ad animare il dibattito, ci fu poi Osman Faruqi che contraddisse Kokoulas. Quest’ultimo non perse l’occasione di ribattere prontamente sul suo blog. Un botta e risposta che dà la misura di quanto attuale, a livello mondiale, sia l’argomento in questione.

Sul fatto che non è tutto oro quel che luccica siamo tutti d’accordo ed è sempre The Guardian a fare il punto, anche quando si tratta dei Millennials italiani.

A dire il vero, non mi pare che ci sia tutta questa disperazione sociale e culturale tra i Millennials in giro per il mondo.

Dai, vediamo.

Chi ha iniziato ad avere un accesso diffuso alla conoscenza?

Chi ha iniziato a girare il mondo senza spendere una cifra?

Chi gironzola per l’Europa senza passaporto, ma solo con la carta d’identità e paga con la stessa moneta in 19 paesi diversi?

Giusto, i Millennials.

È poco? Mmmm, forse. Ma rispetto alle generazioni di prima è, decisamente, tanto.

In terzo luogo: grazie a un sogno durato anni nella mia storia personale, all’università ci sono andato insieme a loro, i “pigroni” della Generazione Y, io che provengo dalla generazione prima, quella fino all’altro ieri ancora più sfigata: la Generazione X.

I Millennials: come noi, alla loro età

Ho avuto il privilegio di conoscere tanti Millennials, di viverci tra di loro e, no, non sono né narcisisti, né egoisti, né dispersivi e né difficili da gestire.

Non più di quanto lo ero io e i miei coetanei alla loro età.

Cercano la felicità come noi, come i nostri genitori e come i genitori dei nostri genitori. E sempre come noi e loro, vogliono lavorare e portare a casa uno stipendio dignitoso.

Amano impacciati come noi e come i nostri, prima.

Costruiscono amicizie che alle volte perdono e poi ritrovano, proprio come noi.

Crescono e si trasformano lentamente, passo dopo passo, parola per parola.

E sanno che le relazioni e le interazioni della loro quotidianità sono incasinate e in parte oscure. Come le mie e le tue, alla loro età.

Ma hanno anche uno spirito critico tagliente e sono più informati proprio perché le frontiere della conoscenza sono più liquide e l’accesso all’informazione più diffuso.

Il problema dello smartphone

Sì, hanno un maledetto utilissimo smartphone in tasca. Che noi, alla loro età, non avevamo.

Quello sgargiante aggeggio che teniamo in tasca è croce e delizia di chiunque vuole stare al passo con i tempi e senza, possibilmente, farsi tecnologicamente assuefare.

Sinek ha ragione a inca*%*si con quelli che alla riunione tengono i telefonini sottomano, anzi sottocchio. Ha ragione anche a prendersela con i genitori troppo nerd che preferiscono i figlioli davanti a uno schermo piuttosto che tra i piedi.

Ma i Millennials, nonostante tutto, sono anche quelli che sanno di più, che viaggiano di più e che hanno insegnato ai loro genitori la videoscrittura, come comprarsi un libro a mezzanotte e come pagare le bollette dopo l’ora di chiusura dello sportello.

Allora, quando è che hanno smesso di cercare l’informazione per dipendere dall’informazione?

Cerchiamo l’informazione e dipendiamo dall’informazione

Non è facile trovare una risposta. Non sono neanche certo che ne esista una, giusta.

In fondo, cerchiamo l’informazione e dipendiamo dall’informazione, nonostante tutto.

Il mezzo incriminato, lo smartphone di tutti i giorni, non è certo il problema. È l’uso che ne facciamo e su questo siamo d’accordo.

Di uno smartphone, mannaggia lui!, sono io che decido cosa farmene: caz*%*giare in rete, leggere, ascoltare musica, o tenermelo buono in tasca e godermi il paesaggio umano e tutto il resto che mi circonda.

Non è lo smartphone in quanto oggetto, ma come, quando e perché lo usiamo.

Servirebbe guardare un po’ indietro, ai consigli degli antichi greci, per riposizionare l’argomento nella giusta prospettiva: usare la tecnologia con buon senso e nella giusta misura, né troppo, né troppo poco, proprio come facciamo (o, meglio, dovremmo) fare con le parole.

Per quel che vedo c’è parecchia vita al di fuori di uno smartphone. E sempre per quel che vedo, ce ne sono anche molti Millennials ad accorgersene.

D’accordo, non tutti, tanti.

Eppure, noi, i grandi di oggi, che dobbiamo essere la guida e i punti di riferimento delle nuove leve del mondo di domani che tipo di messaggio diamo alle nuove generazioni?

Prima di francobollare etichette sui loro modi fare ed essere, non sarebbe meglio dare loro un messaggio positivo?

No sarebbe meglio guardare al proverbiale mezzo pieno del bicchiere, quello più stimolante per cambiamenti durevoli?

Lascio a te rispondere, magari prendendo qualche spunto dagli articoli sul tema della genitorialità.

Ah, occhio che squilla, quell’aggeggio sgargiante in tasca. Solo adesso che hai finito di leggere puoi rispondere 😉

Un abbraccio,

Lucian

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