La Generazione X
Quando Aristotele tratta del carattere dell’interlocutore, oltre a illustrare le caratteristiche della giovinezza, fornisce anche un’accurata descrizione di altre due importanti stagioni della vita: la maturità e la vecchiaia.
Puoi scoprire le parole con cui Il Maestro descrive la gioventù, nell’articolo I Millennials: chi sono e cosa fanno.
Gli uomini maturi possiedono unite le qualità positive che la giovinezza e la vecchiaia si spartiscono, e hanno in misura equilibrata tutto quello che negli altri è in eccesso o in difetto.
Aristotele
Scopriamo il carattere dell’interlocutore in varie stagioni della vita nel Libro II della sua Retorica, uno splendido testo scritto dall’autore in tarda età, quando ormai poteva vantare una notevole conoscenza della natura umana.
Così descrive coloro che oggi chiamiamo Generazione X e Baby Boomers.
I Baby Boomers
Inizio con gli ultimi, in cammino sui viali del tramonto della vita.
Per il fatto d’avere vissuto molti anni, d’essere stati più volti ingannati, d’avere più volte sbagliato, e poiché la maggior parte delle cose umane sono spregevoli, non affermano nulla con fermezza e in ogni circostanza si meravigliano meno di quanto sarebbe necessario. Inoltre, credono sempre, ma non sanno nulla, e nella loro indecisione aggiungono sempre un forse o un probabilmente.
Parlano sempre in questo modo, mai con fermezza. Sono inoltre cinici, in quanto il cinismo consiste nell’interpretare tutto in senso deteriore. Sono sospettosi a causa della loro diffidenza, e sono diffidenti per esperienza.
Per lo stesso motivo non amano e non odiano intensamente, ma amano come se in seguito dovessero odiare e odiano come se in seguito dovessero amare.
Sono meschini perché sono stati umiliati dalla vita: non desiderano nulla di grande o di straordinario, ma solo quello che basta per vivere. Non sono generosi, in quanto la proprietà è una delle cose necessarie, e nel contempo perché sanno per esperienza quanto sia difficile acquistare e facile perdere.
Sono vili e inclini ad avere timore prima degli eventi: la loro disposizione d’animo è contraria a quella dei giovani, poiché essi si sono raffreddati, mentre i giovani sono di temperamento ardente; di conseguenza la vecchiaia ha preparato il cammino alla viltà, in quanto la paura è una forma di raffreddamento.
Sono attaccati alla vita, e tanto più in prossimità dei loro ultimi giorni, perché il desiderio riguarda soprattutto ciò che manca e gli uomini desiderano soprattutto ciò di cui mancano.
Sono egoisti più del dovuto, poiché anche questa è una forma di meschinità. Vivono per l’utile, non per il bello, più di quanto non dovrebbero, perché sono egoisti: l’utile è infatti un bene individuale, mentre il bello è un bene in senso assoluto. […] poiché non si preoccupano del bello come dell’utile, tengono in scarsa considerazione l’opinione altrui.
Non sono inclini a nutrire speranze a causa della loro esperienza e inoltre della loro viltà. Vivono più nel ricordo che nell’attesa, in quanto quel che resta della loro vita è scarso, mentre quello che è già trascorso è molto e la speranza riguarda il futuro, mentre il ricordo riguarda gli avvenimenti trascorsi. Questo fatto è la causa della loro loquacità: trascorrono il loro tempo parlando del passato perché trovano piacere nel ricordare.
I moti dell’animo sono acuti ma fragili, e dei loro desideri alcuni sono venuti meno, altri sono deboli e di conseguenza non sono portati né a sentire i desideri né ad agire in accordo con essi, bensì con il guadagno.
Gli uomini di questa età sembrano pertanto assennati perché i loro desideri si sono allentati e sono schiavi del guadagno. […] Anche i vecchi sono portati a provare compassione, ma non per lo stesso motivo dei giovani: questi ultimi la provano per un senso di umanità, i vecchi invece per debolezza, in quanto pensano di essere prossimi a subire ogni sventura e questo crea compassione. Per questo motivo si lamentano con facilità, non sono spiritosi e non amano il riso: una natura incline a lamentarsi è infatti l’opposto di quella amante del riso.
Di questo genere sono i caratteri dei vecchi.
Ok, forse in alcuni passaggi esagera un po’. Si lascia andare e descrive una vecchiaia un pelino troppo tormentata.
O forse gli anziani dell’antica Grecia erano davvero così. Non lo sappiamo con precisione.
Oggi siamo abituati a vedere e sentire parlare della terz’età in termini più vigorosi.
A differenza di quello che dice Il Maestro, ad esempio, ci aspettiamo che i nostri nonni parlino di loro e della vita senza tanti forse e senza neanche troppi probabilmente.
La saggezza acquisita grazie all’vissuto in un’epoca diversa dalla nostra dovrebbe, almeno in parte, rassicurare.
Perché è questo che fa la saggezza, rassicura e illumina.
Gli uomini, nel pieno della maturità
E tra giovani e anziani?
Ci sono gli uomini nel pieno della maturità:
privi dell’eccesso di entrambi, e non saranno né eccessivamente audaci (poiché un comportamento del genere significherebbe temerità) né troppo timorosi, ma avranno una giusta disposizione nei confronti di entrambi gli atteggiamenti, senza credere a tutti e senza diffidare di tutti, ma giudicando piuttosto secondo il vero.
Essi non vivono solo in funzione del bello, né solo in funzione dell’utile, ma di entrambi.
Non mirano al risparmio o allo sperpero, ma a un giusto equilibrio. Lo stesso discorso vale a proposito della collera e del desiderio, e sono assennati con coraggio e coraggiosi con assennatezza, mentre nei giovani e nei vecchi queste qualità sono separate. I giovani, infatti, sono coraggiosi ma incapaci di controllo, i vecchi assennati ma vili.
Per parlare in termini generali, gli uomini maturi possiedono unite le qualità positive che la giovinezza e la vecchiaia si spartiscono, e hanno in misura equilibrata tutto quello che negli altri è in eccesso o in difetto.
Il corpo giunge al pieno del suo vigore tra i trenta e i trentacinque anni, l’anima intorno ai quarantanove anni.
La retorica, le parole
La psicologia non esisteva come scienza ai tempi di Aristotele, ma una descrizione così accurata dell’animo umano nelle più importanti stagioni della vita assomiglia a un vero profilo psicologico.
Studiare la retorica è l’inizio di un’affascinante esplorazione dell’essere umano. Un modo per scoprire la nostra natura attraverso ciò che più la delinea: le parole.
Avvicinarsi alla più antica scienza della comunicazione, attuale oggi come quasi tre millenni fa, è un passo concreto che puoi fare per incamminarti sui viali della crescita, della trasformazione e del miglioramento personale e professionale.
La parte più bella
Come per l’articolo dedicato alla giovinezza, anche in questo caso ho chiesto aiuto a mia figlia, Chiara, per la rilettura del brano: mentre lei leggeva il testo dal libro, io seguivo la trascrizione sullo schermo del computer.
Conosce la versione cartacea della retorica aristotelica da anni, ma non così da vicino.
Finora si è seriamente impegnata a sottolineare pagine a random e soprattutto a fare originali annotazioni per lo più sotto forma di cuoricini e faccine da “super green” 🙂
Lavorare da casa e lavorare in proprio consente anche questo: creare spazi per un lavoro di squadra con gli juniors e occasioni per la scoperta, in compagnia, di antiche saggezze.
Sebbene sotto forma di un mero esercizio di lettura, avvicinarsi all’arte della parola è l’avvicinarsi a uno dei padri fondatori del pensiero filosofico occidentale.
È, infine e senza dubbio, un’acustica discorsiva di altissima qualità per le orecchie dei grandi come per quelle dei piccini.
Se ti interessano i temi della crescita e della trasformazione personale e professionale, la mia newsletter può esserti di ispirazione.
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A presto,
Lucian Berescu
Foto dall’archivio personale