Crescita e trasformazione: la mia esperienza

Aggiornato: 13 Marzo 2023

Crescita e trasformazione personale e culturale: un percorso

Crescita e trasformazione: la mia esperienza

Crescita e trasformazione personale e culturale: un percorso intenso per raggiungere la piena integrazione nella nuova cultura di accoglienza.

I miei sforzi avevano dato i loro frutti e adesso ero abbastanza italiano e sempre meno … rumeno. Quindi, non del tutto italiano, non più rumeno. Dentro di me vivevano non sempre pacificamente due lingue, due culture, due civiltà.

Il mio Paese di nascita, la lingua in cui per la prima volta imparai a parlare, sentire e guardare, la cultura che modellò i miei primi pensieri, le prime emozioni, le prime parole era adesso lontana, in una dimensione del mio passato sempre più nebbiosa.

Quando pensavo a me stesso rumeno era come se stessi pensando a un’altra persona che avevo conosciuto anni prima e che non vedevo più da tempo. I legami con la mia terra, con le mie radici si erano indeboliti e stavano per scomparire. Io, rumeno, stava per scomparire, pensavo, con non dissimulata nostalgia.

Non era stato un obiettivo a cui aspiravo, ma era ciò che accadeva.

Una conseguenza del mio profondo desiderio di integrarmi nella nuova cultura di accoglienza.

Il borderline culturale

Dopo anni di permanenza nella patria del Rinascimento mi resi conto che avevo fatto ciò che andava fatto per diventare cittadino di un nuovo Paese ed espressione di una nuova cultura; incluso il giuramento che sanciva l’acquisizione della seconda cittadinanza, italiana.

Altri sforzi per integrarmi nella cultura di accoglienza o (re)integrarmi nella cultura di partenza avrebbero avuto un effetto controproducente: esagerata malinconia, frustrazione e infelicità.

Nella consapevolezza emersa da questo stretto abbraccio di due culture durato migliaia di giorni, capii di essere arrivato a un punto di svolta nella mia vita, un punto che io chiamo borderline culturale.

Si tratta di un punto di fusione praticamente completa tra le due culture, di origine – la cultura rumena – e di accoglienza – la cultura italiana.

Questa fusione diventò nuovo modo di parlare (accento indefinibile), sentire, vivere e interpretare il mondo (si gioisce, si ama in italiano, ci si arrabbia in rumeno), nuovo modo di definire i rapporti sociali e culturali (ci si tiene lontani dalle persone che ti rinfacciano di essere diventato troppo poco rumeno oppure ti guardano con una certa diffidenza per non essere esattamente uno di loro).

Una nuova chiave di lettura del mondo circostante – cose, persone, relazioni, tempo ed emozioni. Nuove lenti, su misura, che a poco a poco hanno sostituito gli “occhiali” della cultura di origine.

Il borderline culturale è anche punto di osservazione privilegiato nel percepire, analizzare e restituire al mondo la fusione delle due (o più) culture impregnate nel proprio Essere. Un punto di svolta in cui pensiero, parole e azioni rimangono indissolubilmente legati con fili invisibili ad entrambe le culture a cui ormai appartieni.

Sei e ti senti a tutti gli effetti su una frontiera, consapevole della ricchezza linguistica, culturale e comportamentale che custodisci. E consapevole che nulla più ti possa portare al di qua o al di là della sottile linea di frontiera che separa le due culture: il borderline culturale.

Nuova lingua, nuova cultura, nuova consapevolezza

Così, ho smesso di voler diventare italiano. Ho smesso di volermi integrare. Da ora in poi, mi sono detto, le cose avrebbero seguito il loro corso senza che la mia volontà agisse da stimolo.

Stavo prendendo piena consapevolezza della mia nuova vita. Una vita alla frontiera, tra due lingue e due culture, in cui le pulsioni del mio sentire e del mio pensare sarebbero state bilingue e biculturali. Un vita in cui, naturalmente, avrebbero trovato spazio ed espressione emozioni ed aspirazioni bilingue e multiculturali.

A cadenza normale, però, senza nuovi sprint: avrei accolto il presente con nuovi occhi e con la stessa gioia di vivere. Avrei costruito il mio nuovo futuro in modo che la mia dimensione biculturale si fosse riflessa nelle mie azioni, nei miei pensieri, nelle mie parole.

Anche nel mio nome che avevo italianizzato con troppa leggerezza.

Da quel momento in poi avrei rivendicato il mio vero nome, togliendo quella “o”, la vocale finale che ora pareva così estranea e che rendeva il mio nome, sì, italiano, ma allo stesso tempo mi allontanava da me stesso e da ciò che rappresentavo.

M sono fatto coraggio e ho preso penna e carta digitale: ho ricominciato a scrivere, nella mia nuova madrelingua, in italiano.

Rispetto e diversità

Questa mia intensa avventura di crescita e trasformazione personale e culturale illustra che tra tanti valori personali rivisti, rimescolati e necessariamente reinterpretati, anche il rispetto ha subito notevoli mutamenti e adattamenti nell’incontro con la nuova cultura di accoglienza.

Una cultura, del resto, per molti versi opposta alla mia originaria. Pensa, ad esempio, ai due sistemi socioeconomici che hanno caratterizzato l’Europa dell’Ovest e l’Europa dell’Est prima del 1989: l’Oriente europeo di cui Romania ne è parte e l’Occidente a cui appartiene Italia si sono contrapposti per quasi 50 anni, con conseguenze indelebili sulle più profonde strutture delle due società, sulla loro cultura e perfino sulla loro lingua.

Nel villaggio globale chiamato Mondo, oggigiorno ancora di più rispetto all’epoca del mio arrivo in Italia, nell’autunno del 2001, una parola in particolare fa rima con il concetto di rispetto.

Mi riferisco alla parola diversità. Oggi è molto frequente incontrare diversità umane e culturali di ogni dove.

Il rispetto per la diversità può avere molte forme: consapevolezza, accettazione, accoglienza. Di certo, il rispetto per la diversità si impara, si educa e si valorizza.

Negli anni di immigrazione ho imparato ad accogliere e mettere gli altri nella condizione di accogliermi.

Ho imparato ad apprezzare con la misura della nuova cultura i nuovi territori fisici e simbolici che percorrevo.

Ho appresso la convivenza con il nuovo me e con coloro che appartengono alla cultura italiana che mi accolse – non sempre a braccia aperte, ma questa è un’altra storia – quel settembre del 2001, l’inizio, di fatto, di una nuova, intensa stagione della mia esistenza.

Essere bilingue e multiculturale

Essere bilingue e multiculturale

La mia nuova vita è segnata da un marcato bilinguismo e multiculturalismo.

Oltre alle due culture di cui ti ho parlato in questo articolo, ho anche continuato a curiosare, esplorare e studiare le altre due lingue e civiltà che mi hanno accompagnato dall’inizio della carriera scolastica in Romania: la lingua e la cultura francese e la lingua e la cultura inglese.

Ecco, allora, che un valore di notevole spessore morale come il rispetto diventa un importante catalizzatore relazionale nei rapporti tra persone di cultura diversa, di diversa lingua e provenienza sociale e geografica.

Per coltivare il rispetto nella cultura in cui ho scelto di rieducarmi alla crescita, ho appreso nuove usanze gestuali, comportamentali e convenzionali, senza per questo perdere gli usi e i costumi della mia cultura di origine.

Alcuni esempi: in Italia si bacia e si gesticola di più, in Romania si stringe la mano di più e si gesticola meno; una delle più apprezzate chicche italiane, una vera religione nel Bel Paese, lo spritz, è una cosa ben diversa in Romania sia nella composizione sia nella sua valenza sociorelazionale.

Ancora: il primo, a tavola, è pasta in Italia e minestra in Romania, un’altra chicca tipica italiana, la grappa, si consuma prima del pasto in Romania (e si chiama rachiu), e dopo il pasto, in Italia. Infine, ma gli esempi potrebbero continuare, in chiesa si sta in piedi in Romania, e in Italia seduti .

Il punto è questo: l’esperienza di immigrazione modifica fortemente il rapporto che si ha con sé stesso e con il mondo circostante, con la propria cultura di partenza e con la nuova cultura di accoglienza. Con la madrelingua e con le altre lingue.

Implicitamente, anche con questo valore spesso parecchio martoriato: il rispetto. Un valore fondamentale per la buona convivenza sociale nel mondo iperglobalizzato, ipertecnologico e interconnesso del terzo millennio.

Un valore fondamentale per coltivare le più alte aspirazioni dell’essere umano: la libertà e la democrazia.

Domande, curiosità?

Scrivimi a ciao@lucianberescu.it.

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PS: Questo post è stato revisionato e integrato a marzo 2023. È apparso per la prima volta il 5 dicembre 2016 sul sito RhetoFan.com, online dal 2016 al 2023.

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