Sull’intelligenza rispettosa e multiculturalità
Intelligenza rispettosa e multiculturalità: riflessioni dalla mia esperienza di immigrazione e 2 lezioni di profonda fede in sé stessi.
L’unica via che conduce al progresso è l’educazione.
Howard Gardner
Provengo dall’Est Europa, dall’unica oasi di latinità alla frontiera dell’Unione Europea: Romania. Terra di Dracula, Dacia Felix.
Una forte … sterzata autunnale
Nel settembre 2001 ho scelto di dare una sterzata alla mia vita. Avevo da pochi mesi compiuto 27 anni quando iniziò il mio percorso di crescita e trasformazione in una terra – Italia – per me completamente sconosciuta.
L’arrivo in Italia è stato un terremoto di altissima intensità. Le strutture del mio Essere sono crollate e dopo un “momento” di panico al loro posto ho cominciato a ricostruire: nuova lingua e nuova cultura, nuovo pensiero e nuovo comportamento.
Stava iniziando la rieducazione della mia educazione.
Sono (ri)partito da zero. La mia vita era diventata una bella tabula rasa su cui riscrivere con inchiostro di dolore e fatica la mia rinascita: umana, sociale, professionale e relazionale.
Ho imparato a pensare, parlare e agire in una nuova lingua. Oggi, a distanza di molti anni dal mio arrivo nel Bel Paese, ho un accento particolare che non mi colloca né in terra italica né in quella rumena.
Ho arricchito la mia educazione aggiungendo al percorso formativo intrapreso in Romania un’indimenticabile esperienza di studio in una delle migliori università italiane: l’Università di Trento.
Ho rinunciato quasi senza accorgermene a certe abitudini sociali, lavorative e culinarie e allo stesso tempo ne ho introdotte di nuove.
Tornerò, o forse no …
Dalla Romania, sono partito nel 2001, con l’idea di tornare dopo un certo numero di anni, cinque per esattezza.
Quella di tornare a casa era un’idea abbastanza diffusa tra i giovani che lasciavano il proprio Paese in cerca di esperienze lavorative che migliorassero quello che all’epoca rappresentava un tenore di vita tra i più bassi d’Europa.
Un’idea, quella del tornare dopo alcuni anni trascorsi all’estero, trasformata peraltro in realtà da alcuni miei amici.
Vie, viuzze e vialoni dell’italica immigrazione
Io, invece, ho percorso altre vie, viuzze e vialoni dell’immigrazione colme di sfide e profondi cambiamenti, dalla costante volontà di integrarmi e di evolvere sul piano personale e professionale.
Fino a raggiungere una totale fusione culturale.
La multiculturalità, l’inizio
Dopo i primi due anni di immigrazione trascorsi in Sicilia, tra Canicattì e Caltanissetta, dall’autunno del 2003 abito nel Trentino, questo angolo verde del Bel Paese incastonato tra le maestose Dolomiti.
Trento e il Trentino sono in parte cultura mediterranea e in parte cultura mitteleuropea, un miscuglio socioculturale unico con cui sono entrato in sintonia un po’ alla volta.
È il posto ideale per anime multiculturali? In parte sì, in parte no.
Manca l’orizzonte e questo si ripercuote spesso sugli orizzonti delle persone che ci abitano.
In compenso, le imponenti montagne, le stesse che nascondono troppo presto il sole pomeridiano, offrono una sensazione di protezione. Sei al riparo, qui!, paiono dirti, Sei al sicuro, nulla ti può succedere.
Il verde di cui si dipingono le montagne in primavera va dritto al cuore, per riempirlo di vita, di speranza, di rinascita. Mi ricorda i colori della mia terra. Sono una straordinaria carica di vitalità di cui faccio abbondanti scorte ogni primavera.
Sono lontano dai miei parenti, abituali punti di riferimento di una famiglia.
La mancanze dei legami di sangue ha le coseguenze: un profondo senso di solitudine, l’impossiblità di dare e ricevere una familiare pacca sulla spalla o di condividere gioie e dolori in tempo reale, face to face.
Ho doppia cittadinanza dal 2011, sono bilingue e multiculturale: penso, parlo e scrivo correntemente in inglese e francese, oltre che in rumeno, la mia madrelingua, e italiano, la mia seconda madrelingua.
Multilinguismo e multiculturalità, marchio della mia famiglia
La multiculturalità è diventato un tratto di famiglia: anche i miei due splendidi juniors, Chiara e Marco, sono alle prese, quotidianamente e in diverse forme, con cinque culture: italiana (per nascita), britannica e francese (per studio e passione), bulgara (eredità materna) e rumena (eredità paterna).
Sono genitore single, per scelta. Dopo nove anni di matrimonio altalenante, ho deciso di porre fine alla sensazione di sfinimento che mi assaliva: mi sentivo svuotato di energie, di entusiasmo, di idee. Di amore e di passione.
Mi sentivo inceppato, con il serbatoio di energie vuoto, in continua manutenzione straordinaria. Avevo la sensazione di vivere un’ininterrotta emorragia di energie vitali.
Dopo diversi tentativi di salvare l’insalvabile, ho deciso che l’unico modo per riportare nella mia vita pace e serenità, entusiasmo ed energie fosse la separazione. Mi sono quindi trasferito in una nuova casa quando Chiara aveva poco più di otto anni e Marco, il fratellino, poco più di tre mesi.
Anche se abbiamo tenuto lontano i nostri figli dalle incomprensioni quotidiane del nostro matrimonio, correvamo il rischio di danneggiare irreparabilmente non solo le nostre anime, ma anche, più drammaticamente, la loro spensierata infanzia e il loro futuro.
Poche cose sono andate bene nel mio matrimonio, purtroppo. Pochissime ci hanno realmente fatto crescere.
Non poteva continuare così.
La contrapposizione dei nostri mondi e dei nostri ego non doveva intaccare l’infanzia dei nostri figli, mi dicevo. Tanto meno il loro futuro.
Un pensiero fisso si fece spazio nella mia mente: dovevo spezzare gli artigli della sofferenza che rischiva di afferrare e azzannare l’infanzia dei nostri juniors. Mi dicevo: è bastata la mia, di infanzia sofferta, tormentata, infelice.
Ai miei figli dovevo, volevo e potevo fare spazio ad altro: a luce, speranza e serenità. A coccole, affetto e amore. A ottimismo, entusiasmo e vitalità. Così desideravo fosse segnata la loro infanzia, non da giornate travolte da tormenti emotivi, ghiacciai sentimentali e torrenti di pesante silenzio.
Nel rapporto che stavo vivendo non c’era più nulla a cui aggrapparsi: né bei ricordi insieme, né affetto, né progetti condivisi. Solo una grigia quotidianità che andava avanti per inerzia. Era terribile.
Terribilmente triste e terribilmente dolorosa.
Dovevamo mostrarci ragionevoli e responsabili. Avevamo bisogno di ritrovarci, da soli, perché insieme non ci stavamo riuscendo, nonostante i nostri sforzi.
Vedevo il mio secondo matrimonio andare in frantumi, all’opposto del mio desiderio di rimettere questo grande progetto di vita nella giusta luce, sui giusti binari. Ero arrabbiato, deluso, frustrato.
I puntini sulle i
Era arrivato il momento di mettere i puntini sulle i. Di fare i conti con la cruda realtà e di accettare l’immensa ammarezza in cui sprofondavo.
Era giunto il momento di prendere di petto le mie paure, l’imbarazzo e i sensi di colpa che riempivano di veleno la mia mente e la mia anima. Sentivo un dolore soffocante, fisico ed emotivo. E come se non bastasse, non me la stavo passando bene neanche economicamente.
Tutto sembrava remare contro. Niente sole sui sentieri della mia vita, solo nuvole grigie, nebbia e freddo pungente.
Un unico pensiero riusciva a darmi forza: i miei juniors. Loro potevano e meritavano avere due genitori sereni e amorevoli. Anche se questo significasse vivere in due case diverse.

Come rinascere sotto la luce della speranza
Ebbene, ci stiamo riuscendo.
Non è stato facile mettere da parte rancori, paure e frustrazioni amassate negli anni di un matrimonio che ci aveva logorato.
Per molto tempo a seguito della nostra separazione, di fatto avvenuta nella primavera del 2018, abbiamo continuato a smaltire i tormenti delle nostre anime: torrenti di rabbia, fiumi di frustrazione.
Allo stesso tempo, è stato evidente che piano piano stavamo riconquistando la nostra tranquillità mentale e la nostra serenità emotiva.
Siamo diventati amici. Abbiamo nel frattempo seppellito gli ultimi cocci del burrascoso passato trascorso insieme e fatto riemergere quei rari bei ricordi vissuti insieme.
I graffi sull’anima che ci siamo procurati durante il nostro matrimonio sono in parte guariti. Hanno lasciato segno, ovvio, ciccatrici che ci porteremo nel futuro e da cui vogliamo credere di aver imparato utili lezioni.
Quando qualche scheggia impazzita tenta di riemergere dal nostro passato, siamo pronti a limarla. Abbiamo imparato a farlo, per evitare di cadere in controproducenti battibecchi.
Nel tempo trascorso dalla nostra separazione abiamo visto riaffiorire la pace nelle nostre anime e possiamo dire ad alta voce, soddisfati: “Ce l’abbiamo fatta!”
Siamo riusciti a ritrovare noi stessi, forse migliori, con quella bontà che si può estrarre dal dolore.
Siamo diventati ciò che possiamo e meritiamo di essere: due adulti sereni, genitori amorevoli nei confronti dei nostri due splendidi juniors.
Due esempi di inscalfibile resilienza, dopotutto, nonostante tutto.
Equilibrio perfetto, o quasi
Ovvio, le nostre giornate sono molto più incasinate di prima. Corrono a grande velocità e a malapena riusciamo a starci dietro.
Tuttavia, abbiamo instaurato e consolidato un perfetto equilibrio nella gestione condivisa dei nostri juniors.
Siamo, oggi, amici affidabili l’uno per l’altra.
Ci aiutiamo e ci sosteniamo reciprocamente. Ci consultiamo serenamente sulle decisioni che riguardano i nostri figli.
Ci veniamo volentieri incontro, quando possiamo. E più delle volte facciamo in modo di poterci.
Le vite di entrambi si sono lentamente schiuse dopo la nostra separazione.
Abbiamo un rapporto di stima e fiducia reciproca.
Ci diamo spesso una mano anche per faccende personali, quelle che non riguardano strettamente la gestione condivisa dei nostri juniors, tenuto conto che nella città in cui viviamo non abbiamo parenti né miei, né suoi; i più vicini, miei e suoi, sono lontani più di 1500 km.
Abbiamo percorso un sentiero tortuoso, fatto di tanti saliscendi. È stato, sì, molto difficile, e le “battaglie” che abbiamo affrontato sono state soprattutto con noi stessi: con i nostri condizionamenti culturali, con la nostra zona di comfort, con i nostri pregiudizi e le nostre credenze.
Con i nostri sensi di colpa e, soprattutto, con le nostre paure.
Poteva andare diversamente?
Poteva andare diversamente?
Forse sì, forse no, non lo so.
C’è stato un preciso momento in cui ci siamo promessi di impegnarci a riconquistarci.
In parte ci siamo riusciti, per un po’. Per troppo poco, purtroppo. Poi abbiamo nuovamente perso la bussola, la cadenza, il ritmo.
Andavamo a velocità diverse. In direzioni diverse. I nostri non erano più tempi, ma contrattempi.
Non siamo più riusciti a sintonizzarci.
Ci abbiamo provato, ma non siamo riusciti a salvare il nostro matrimonio.
Tuttavia, siamo riusciti a ritrovare noi stessi. E questa è stata una delle più grandi conquiste delle vita adulta e di questo altalenante percorso di immigrazione.
Siamo diventati genitori separati. E siamo ridiventati adulti sereni, in pace con noi stessi, di ieri e di oggi. La pace nell’anima, questo è un dono impagabile.
Genitori separati, sempre presenti
I nostri figli hanno compreso la situazione e vivono la loro infanzia serenamente sotto il cielo dell’amore genitoriale. Sanno che mamma e papà ci sono, ci sono sempre.
Al loro fianco per sostenerli, quando ne hanno bisogno.
Dietro di loro per spronarli, quando ingenuamente pensano di non farcela.
E ci sono davanti per ispirarli.
Chiaro e Marco sanno che mamma e papà ci sono. Ci sono sempre, anche se hanno scelto di vivere in case diverse.
Adesso sono il papà che volevo essere: sereno, amorevole e … abbastanza buono.
Nel frattempo ho anche sanato quell’oceano di amarezza che aveva sommerso la mia anima.
Per molto tempo, i tormenti del passato non mi hanno dato tregua. Anche il mio secondo matrimonio è, ahimé, naufragato.
Il primo, di matrimonio, è stato in giovanissima età, quando avevo poco più di 18 anni.
Ingenuamente innamorato come si può essere solo appena raggiunta maggiore età mi sposai per la prima volta nella Romania appena uscita dal buio comunista.Durò cinque anni e fini in seguito a un innaspettato drama personale. Ma questa è un’altra storia …
Il secondo durò 9 anni e iniziò e finii lontano dal mio Paese di nascita, in Italia del terzo millennio.
Diventare allenatore discorsivo, che responsabilità
Come marito devo ancora crescere e migliorare, ma come genitore ho avuto maggiore successo 😉
Quando insieme a l ruolo di genitore ho assunto anche il nuovo RUOLO di allenatore discorsivo non volevo e non credevo che le cose avessero potuto andare nella direzione in cui sono andate.
Accade, però, che la vita stessa sembra a volte andare per sorprendenti vie, viuzze e vialoni, ponendoci di fronte a sfide, imprevisti ed esperienze che non potevamo nemmeno immaginare.
Uscirne degni e rimboccarsi le maniche non è facile, ma è possibile. Ed è anche possibile diventare persone migliori di quelle che eravamo prima.
Non è facile, siamo d’accordo, ma le scelte che abbiamo di fronte agli inevitabili tsunami sentimentali delle nostre esistenze sono, di fatto, due:
- ci rimbocchiamo le maniche e iniziamo a ricostruire noi stessi, a partire da ciò che più ci definisce come esseri umani: le parole.
Oppure:
- ci rimbocchiamo le maniche e iniziamo a ricostruire noi stessi, a partire da ciò che più ci definisce come esseri umani: le parole.
Repetitia juvant! 🙂
Ho scelto di ripetere quest’ultimo paragrafo scartando volutamente altre possibili scelte che lascio alla tua fantasia.
Il messaggio che auspico ti sia arrivato forte e chiaro è questo: possiamo, con le parole, portare inverno, nuvole e nebbia nelle nostre vite. Ma possiamo anche portare estate, ciel sereno e orizzonti limpidi.
A te e solo a te la scelta.
Questo è il primo messaggio che avrei voluto leggere nero su bianco. La lezione che avrei voluto imparare a 20 anni.
I nuovi ruoli di genitore single e allenatore discorsivo hanno profondamente segnato la mia vita negli ultimi anni. Mi hanno spinto a rivedere e rimodellare quelle strutture del mio Essere già profondamente mutate dal mio arrivo in Italia.
La profonda fede in sé stessi
Quando guardo indietro al percorso compiuto, tra qualche successo e diverse fatiche, mi accorgo di quanti profondi cambiamenti ho affrontato, favorito e attuato a dimostrazione della immensa plasticità e capacità di adattamento delle nostre menti, delle nostre vite.
Chiaramente, le grandi sfide a cui sono andato incontro – l’intensa esperienza dell’immigrazione, prima, del secondo matrimonio e della genitorialità, in seguito – hanno in parte provocato questi cambiamenti.
Eppure, sono pienamente consapevole che senza l’incrollabile speranza in un futuro migliore, senza l’ardente desiderio di crescere, senza la forte motivazione di esplorare nuovo sapere tutto questo non sarebbe stato possibile.
Ed è proprio questo il secondo messaggio che vorrei ti arrivasse altrettanto chiaro e forte: nessuna avversità sarà mai in grado di abbatterti se la tua fede profonda sarà in te stesso, nell’incrollabile speranza in un futuro migliore, nell’ardente desiderio di evolvere, nell’inscalfibile volontà di esplorare.
Questo è il secondo messaggio che avrei voluto leggere nero su bianco. La seconda lezione che avrei voluto imparare a 20 anni.
Questi li hai letti?
Penso dunque sono, in un’altra lingua
Crescita e trasformazione: la mia esperienza
Domande, curiosità?
Scrivimi a ciao@lucianberescu.it.
PS: Questo articolo è apparso, singolarmente, per la prima volta il 5 dicembre 2016. Revisionato e integrato a marzo 2023.