Il dubbio
Sento persone che sostengono ad alta voce di conoscersi meglio di chiunque altro.
Sarà. A loro, tuttavia, ricordo che l’unica certezza che abbiamo è che non abbiamo certezze.
A loro ricordo che il primo gradino dell’(auto)conoscenza è proprio il dubbio:
- che le cose possano avere un significato diverso da quello inteso fino a ieri
- che le persone possano essere diverse da come le vediamo
- il dubbio, infine, che noi stessi possiamo essere diversi da come cocciutamente vogliamo vederci.
Diversi oggi da com’eravamo ieri, diversi domani da com’eravamo oggi.
Anche se non ce ne rendiamo conto, ognuno di noi porta con sé una sorta di fotografia o ritratto mentale di sé stesso, che può risultare vago e mal definito al nostro sguardo cosciente, e in effetti può non essere riconoscibile consciamente.
Ma è lì, completo sin nei più minuti dettagli.
Questa immagine dell’Io è il concetto che noi stessi ce ne facciamo, è il «che genere di persona sono», è il risultato di ciò che crediamo di noi stessi.
La maggior parte di queste immagini sorge inconsciamente dalle nostre passate esperienze, dai successi e dai fallimenti, dalle umiliazioni e dai trionfi, dal modo in cui gli altri hanno reagito nei nostri confronti, specialmente nella prima infanzia.
Da tutto ciò noi costruiamo mentalmente un «Io» (o l’immagine di un io), e una volta che un’idea o un concetto su noi stessi si inseriscono in questa immagine, essi diventano veri, per quel che ci riguarda personalmente.
Non mettiamo in dubbio la loro validità, ma continuiamo ad agire basandoci su di essi come se fossero veri.
Maxwell Maltz in Psicocibernetica
Il dubbio che possiamo essere diversi
Il dubbio che ho in mente mentre scrivo queste righe è quello che genera domande, affila lo spirito critico e alimenta la curiosità.
Una sensazione profonda che possiamo essere diversi da come ci vediamo, quando mettiamo in dubbio la validità delle immagini sedimentate nella nostra mente.
Una sensazione intima che persone e cose possano essere diverse quando mettiamo in dubbio “gli occhiali” attraverso cui le vediamo. Cambiandoli, cambiamo prospettiva e possiamo vedere cose diverse, mai viste prima.
Il dubbio che ho in mente mentre scrivo questo articolo ci conduce a una maggiore conoscenza del nostro sé. Ci aiuta a liberarci dagli schemi mentali che ci siamo formati in tenera età e in cui spesso rimaniamo intrappolati in età adulta.
Penso, quindi, a quel sano dubbio che ci stimola a conoscerci meglio. A diventare più consapevoli. Ad essere, ogni giorno che passa, diversi, migliorando.
Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
Bertrand Russell
Mettersi in discussione
Attivare i filtri di questo sano dubbio significa frantumare schemi culturali profondamente radicati dentro di noi.
Mettere in discussione e in gioco sé stessi, ciò che facciamo, ciò che pensiamo, ciò che diciamo.
Le azioni che compiamo, le parole che pronunciamo, i pensieri che popolano la nostra mente sono, del resto, il risultato di quell’immagine che ci siamo costruiti di noi, un passo alla volta, una parola dopo l’altra, dall’infanzia all’età adulta.
Il dubbio, l’inizio della conoscenza
Quell’immagine custodita nella profondità della nostra anima è forgiata dalla cultura in cui siamo nati, cresciuti e educati.
Ecco, quell’immagine possiamo ignorarla o lasciarla così.
Oppure possiamo metterla in discussione.
La presa di coscienza di quell’immagine di noi può diventare un pretesto per iniziare un percorso di crescita e trasformazione. La motivazione per modificarla. Per ricalibrarla.
Per migliorarla, soprattutto.
Passo per passo, un passo alla volta, attivando i filtri di un sano dubbio.
Il dubbio è l’inizio della conoscenza, disse Cartesio tempo fa, e non c’è di che dargli torto.
Il dubbio è l’inizio della conoscenza anche di se stessi. Forse soprattutto di se stessi.
A presto,
Lucian