Dibattito: d’accordo, non siamo d’accordo
“Il dibattito è la forma d’interazione più diffusa e quella più tipicamente umana. Non sempre vince la tesi migliore, ma quella meglio argomentata, non il discorso giusto, ma quello giustamente impostato, non l’opinione più ragionevole, ma quella più motivata.”
Fu la risposta schietta e convincente che ricevetti un pomeriggio di inizio settembre alla domanda Che cos’è il dibattito?
Anche ammesso che non sia possibile insegnare a discutere, è certamente possibile educare alla discussione, correggendo il modo di discutere, liberandoci da modi sbagliati di farlo.
Adelino Cattani
Lo chiesi al professor Adelino Cattani, docente di Teoria dell’Argomentazione all’Università di Padova e mente e anima dell’Associazione per una Cultura e la Promozione del dibattito di Padova.
Disaccordo: diritto, dovere e piacere
Aggiunge, parafrasando Fernando Savater in Etica per un figlio: “Saper vivere non è così facile perché esistono criteri diametralmente opposti riguardo a quello che bisogna fare. C’è chi dice che la cosa più importante è guadagnare, altri sostengono che i soldi senza salute, tempo libero e affetti non valgono nulla. I medici consigliano di rinunciare all’alcool e al fumo per allungarsi la vita; fumatori e ubriaconi non sono d’accordo, senza questi vizi la vita sembrerebbe loro troppo lunga. A prima vista l’unica cosa su cui siamo tutti d’accordo è che non siamo tutti d’accordo.”
E conclude: “Mettere a confronto senza remore pareri e opinioni in disaccordo è un ottimo modo per crearsene di propri. Perciò è opportuno difendere il diritto di mettere tutto in dubbio. Un diritto e un dovere che può diventare persino un piacere.”
Il Torneo nazionale di dibattito regolamentato
Il numero sempre crescente di squadre partecipanti al Torneo nazionale di dibattito Palestra di Botta e Risposta gli dà ragione.
“Quest’anno siamo giunti alla V edizione e quello che notiamo è un interesse sempre più diffuso tra insegnanti e studenti al tema del dibattito.”
Lo testimoniano le undici squadre partecipanti che rappresentano altrettante regioni italiane, ciascuna capitanata da uno o più allenatori discorsivi o coach del dibattito:
- Liceo Agnesi, Merate (LC), capitanate dai proff. Daniela Ripamonti, Dario Redaelli e Caterina Gabrielli
- Rete Albero della Vita che comprende i licei Benedetto da Norcia e Orazio di Roma e Liceo Fiorentino di Cosenza, coach le dott.sse Laura Bartoletti e Manuela Viola
- IIS Alfano, Termoli (CB), capitanata dai proff. Mario Mascilongo e Francesco Giovanni Massaro
- Rete Apuania dibatte composta da IIS Leonardo da Vinci di Villafranca Lunigiana e Liceo Rossi di Massa allenata dai proff. Umberto Crocetti e Fabrizio Tieri
- Istituto Don Bosco, Padova coach proff. Giovanni Ponchio e Matteo Lazzaro
- Rete Dibattito e Cittadinanza formata da Licei Alfieri, Gioberti e Majorana di Torino capitanate dalle prof.sse Alessandra Saccon e Cinzia Gallotti
- Liceo Malpighi, Bologna allenata dal coach discorsivo prof. Marco Ferrari
- Liceo Messedaglia, Verona, allenatore prof. Maurizio Cortese
- Liceo Paolo Diacono, Cividale del Friuli (UD) capitanata dal prof. Gian Paolo Terravecchia, che ha rilasciato in esclusiva per i lettori del blog questa bella’0intervista dal titolo Filosofia: a cosa serve
- Liceo Rinaldini, Ancona allenata dalla prof.ssa Alessia Ascani
- Liceo Torricelli, Bolzano capitanata dalla prof.ssa Sara Collini
A sottolineare la libertà di pensiero che anima lo spirito del Torneo è il protocollo Patavina Libertas il cui rispetto è fondamentale per il buon svolgimento delle gare.
Il protocollo è l’insieme di norme che regolano lo svolgimento dello scambio verbale e argomentativo, in modo che ciascun intervento conduca linearmente il dibattito ad uno sviluppo ordinato e ad una conclusione.
l nome del protocollo deriva dal moto dell’Università di Padova :Universa Universis Patavina Libertas. Significa Tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova e rammenta la libertà di pensiero storicamente concessa dall’ateneo padovano a docenti e studenti.
Argomenti pro e contro
Le undici squadre partecipanti sono chiamate a sostenere la propria tesi pro e contro sui seguenti temi:
Smartphone e tablet in classe migliorano l’apprendimento?
Tutto si può perdonare?
Conta di più sapere o volere?
Temi impegnativi. Attuali, affascinanti e stimolanti.
Per dibatterli al meglio i partecipanti devono attenersi al Decalogo del buon disputante (clicca il link per scaricarlo e stamparlo). Sono regole da ripassare prima di ciascuna gara e soprattutto da rispettare durante la disputa.
C’è il torneo, ci sono le squadre ci sono i punti di vista da contendere.
Non potevano mancare gli arbitri chiamati a valutare con doverosa imparzialità le gare del torneo. Non solo prestazioni verbali e non verbali di ogni squadra, ma anche tempi e fair play discorsivo durante le gare di dibattito.
Al V Torneo nazionale di dibattito Palestra di Botta e Risposta ci sono anche io come giudice esperto nelle giurie che valuteranno gli incontri di dibattito.
Ho accettato con piacere l’invito del professor Cattani e sono lieto di condividere la mia esperienza formativa con gli altri giudici, con le nuove leve dell’oratoria italiana e i loro allenatori discorsivi.
Professore, il dibattito aiuta le nuove generazioni a incamminarsi sui sentieri del miglioramento personale e discorsivo? gli chiedo, anche se intuisco la risposta.
Mi risponde senza batter ciglio: “I dibattiti sono in primo luogo un esercizio volto a sviluppare le doti argomentative.
L’esercitazione consiste nel cercare e nel valutare gli argomenti pro e contro rispetto a un tema dato. Insegnare ad argomentare e a dibattere significa rendere consapevoli di ciò che si fa spontaneamente. Se la capacità di discutere è in gran parte un dono innato, un addestramento al dibattito consiste essenzialmente nel correggere il modo in cui si dibatte.
Anche ammesso che non sia possibile insegnare a discutere, è certamente possibile educare alla discussione, correggendo il modo di discutere, liberandoci da modi sbagliati di farlo. Quantomeno potremmo assegnare all’addestramento al dibattito la medesima funzione terapeutica che Wittgenstein attribuiva alla filosofia, vale a dire il liberarci da ciò che è banale, dogmatico, ininfluente, pericoloso.
Il compito non sarebbe di garantirci delle tecniche, ma di metterci in guardia da tecniche, nostre e altrui, sbagliate.”
Ho bisogno di riassumere: una maggiore padronanza delle tecniche del discorso accresce la consapevolezza di ciò che diciamo, quando lo diciamo e come lo diciamo e in questo il dibattito è un potente strumento di sviluppo personale.
È corretto, professore? gli chiedo.
“Ben detto, anzi detto in breve e meglio”, mi risponde.
E sottolinea: “Il dibattito serve a insegnare ad analizzare e suddividere, ad addestrare all’esposizione delle proprie tesi, ad abituare a porre domande e a far fronte alle obiezioni, ad affinare l’ingegno e a coltivare la prontezza nella replica, a dare fondamento argomentativo a cose già note.
Penso alle mie esperienze relazionali e professionali degli ultimi anni. Tutte cose rare, mi dico. Tutte cose che a casa, a scuola, in azienda e nella vita di tutti i giorni tornano utili, se ben padroneggiate.
E fanno la differenza tra chi dice qualcosa e male e chi è capace di dire qualcosa e bene.
A differenza dell’Italia, la pratica del dibattito ha un’importante tradizione nelle scuole superiori degli Stati Uniti d’America. I tornei di dibattito regolamentato sono una tradizione oltre che in America, anche in Australia, in Gran Bretagna, in Scozia e Giappone, e da un po’ di tempo perfino nei paesi del Golfo e in Cina, dove annualmente vengono organizzati saggi scolastici dimostrativi e gare di dibattito fra college.
Il dibattito: argomenti contrapposti
Dibattere è un po’ come combattere? gli chiedo.
“Certamente, mi risponde, il discutere implica l’esistenza di una disparità di opinioni e di un interlocutore, reale o potenziale su una posizione diversa.
Dibattere e combattere sono in parte attività analoghe. Benché verta su idee, opinioni, argomenti, il dibattito resta una guerra. E la combattività è una componente essenziale della lotta. Parliamo del dibattito in termini di pulsioni aggressive e di scontro: aggrediamo o affrontiamo o vivisezioniamo un problema, dominiamo un argomento, sbaragliamo il campo avverso, facciamo fuori l’oppositore.”
Tuttavia, fra chi mira all’annientamento dell’avversario e chi, invece, ragiona e agisce nello spirito del vivi e lascia vivere, c’è tutta una gamma di situazioni intermedie in cui ci si confronta all’insegna della competizione, amichevole o scontrosa, o della cooperazione, più o meno forte.
Aggiunge: “L’atteggiamento competitivo è ispirato alla logica del mors tua, vita mea: se uno vince, l’altro perde. L’atteggiamento cooperativo invece è caratterizzato da uno spirito del tipo vince l’uno, vince l’altro: si cerca una soluzione del conflitto in senso più negoziale o compromissorio.”
Mi evoca una metafora delle arte marziali. Mi piace. L’ambito mi è famigliare, sono due anni che accompagno mia figlia ai suoi allenamenti di karate.
“Più che un combattimento, il dibattito diventa una sorta di gioco a due, un incontro di shorinji kempo, in cui chi vince e chi perde non è il singolo, ma i due contendenti insieme, valutati dalla giuria come se fossero una coppia di ballerini.”
Avere idee diverse, nella vita di tutti giorni
Che se ne fa uno nella sua quotidianità dell’educazione al dibattito?
Mi risponde, prontemente: “Quanto più uno è consapevole della complessità delle cose, tanto più terrà conto dei diversi punti di vista e tanto più sarà predisposto al dialogo.
Segni di questo atteggiamento non dogmatico si rintracciano nella scelta dei moduli linguistici.
Locuzioni quali «ma, per quanto, sebbene, d’altro canto, può anche darsi, non è escluso che» rivelano attenzione nei confronti dell’esistenza di punti di vista diversi.”
Diverso sarà perciò anche il modo di argomentare da parte di chi prende in seria considerazione altre tesi: da valutare, da ponderare, bilanciare, criticare o eventualmente contestare.
Critico, ma non polemico
Quello dell’apertura mentale è un argomento che mi piace assai. Essere critico, ma non polemico è un obiettivo ragionevole, ma non facile da raggiungere.
Una sottigliezza discorsiva non facile da riconoscere e interpretare.
Un modo, tuttavia, forse l’unico ragionevole, per evitare riposte altamente nocive sul piano discorsivo che riassumono in poche lettere un marcio cumulo di pregiudizi e stereotipi:
«Giocare a golf è da snob»
«Gli immigrati ci rubano il lavoro»
o trappole del pensiero del tipo
«Ah, ma gli altri fanno / sono … (inserire stereotipo a piacere), dunque anche io / tu / noi possiamo / dobbiamo fare / essere così…»
Mi chiarisce: “Capita di essere fortemente convinti di qualcosa. Capita che un altro lo sia altrettanto del contrario. Capita quindi che a unire sia solo la reciproca certezza d’essere divisi sulla faccenda in discussione.
conflitti di opinione a volte sono reali e crudi quanto una collisione.
Il fanatismo assume forme diverse – dogmatismo, intolleranza, fondamentalismo, integralismo, estremismo, autoritarismo, violenza – e si esercita nei campi più disparati, da quello politico, religioso, sociale a quelli, a prima vista meno preoccupanti, dei comportamenti e delle abitudini.”
Regole per il buon discutere
Mi parla del dibattito come di una gara pugilistica. L’analogia mi conquista. Se pensiamo alla discussione come una lotta possiamo prendere in prestito e adattare le regole pugilistiche:
- usare solo i pugni
- rimane entro il ring
- niente colpi bassi
- in caso di parità il titolo rimane al detentore
In ambito discorsivo, le regole diventano:
- usare solo argomenti logici
- restare entro il tema
- evitare il ricorso a scorrettezze
Questo è ciò che possiamo chiamare un dibattito decente. E onesto.
Si cerca di ridurre al minimo le mosse sleali e il discorso svincola il più possibile le conclusioni da pregiudizi e dati irrilevanti.
Vivere tra gli inganni
Prima di salutarci mi annoto un’ultima battuta: “Esortare al dialogo onesto è un esercizio edificante che è bene continuare a praticare, ma con qualche disincanto e contemperando questo invito con la realistica presa di atto che il disputante deve cercare di vivere tra gli inganni non ingannato.”
Grazie professore e in bocca al lupo a tutte le squadre partecipanti!
La V edizione del Torneo nazionale di dibattito Palestra di Botta e Risposta si svolge a Padova dal 28 al 30 settembre 2018, presso il Palazzo De Clarinici – Dipartimento di Sociologia in via Cesarotti 10/12.
La Finalissima: domenica 30 settembre 2018, ore 14, nella Sala Studio Teologico del Santo, in Basilica, Piazza Sant’Antonio, 11.
Ingresso gratuito.
A presto,
Lucian Berescu
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PSS: Questo post è stato aggiornato e integrato ad aprile 2023. È apparso per la prima volta il 16 settembre 2018 sul sito RhetoFan.com, online dal 2016 al 2023.