Come non sprecare il tempo

Aggiornato: 6 Luglio 2023

Come non sprecare il tempo

Come non sprecare il tempo

In questo articolo ho deciso di condividere il racconto originale di uno dei più influenti scrittori italiani del ventesimo secolo.

Parla di tempo. Anzi: di come evitare di sprecarlo.

La vita è ciò che ti succede mentre sei impegnato a fare altri progetti.

John Lennon

Prima, però, una domanda: se un giorno vedessi uscire dalla porta di casa tua un ladro con, sulle spalle, una saccoccia piena della tua inestimabile ricchezza, che cosa faresti?

Che cosa faresti vedendolo allontanarsene senza poterlo acciuffare?

Quello che stai per leggere è un testo straordinariamente potente: arriva dritto al cuore e … nello stomaco, come un pugno, per mano di uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento.

Mi ha fatto riflettere a quanto immensamente importante sia il miglior capitale che possediamo – il tempo – e a quanto ingenuamente, spesso, ci sfugga tra le dita.

Mi ha anche fatto pensare a come gli affetti, spesso senza neanche accorgercene, diventino moneta di scambio per una certa idea di successo.

Mi ha anche fatto pensare a come alcune emozioni – timore, angoscia, rimpianto, delusione, rimorso – possano a volte martoriare la nostra anima in quei momenti in cui facciamo un onesto bilancio.

E poi c’è il valore delle relazioni: rapporti interpersonali che instauriamo sui sentieri della nostra vita e che scandiscano il nostro tempo interiore.

Ci sono relazioni speciali – in primissimo luogo la relazione genitori-figli – che possono avere un forte impatto sulla nostra crescita personale.

Non limitarti a segnare il tempo; usa il tempo per lasciare il tuo segno.

Harvey B. Mackay

Ecco il racconto di Dino Buzzati intitolato I giorni perduti.

Apparentemente sembra surreale e sconcertante, ma visto nella giusta prospettiva ci dà un’idea chiara della fluidità e della fragilità del tempo che scorre mentre modella le nostre esistenze.

Qualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernst Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che, con una cassa sulle spalle, usciva da una porticina secondaria del muro di cinta e caricava la cassa su un camion.

 

Non fece in tempo a raggiungerlo prima che fosse partito. Allora, lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fino all’estrema periferia della città, fermandosi sul ciglio di un vallone.

 

Kazirra scese dall’auto e andò a vedere.

 

Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e, fatti pochi passi, la scaraventò nel botro; che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali.

 

Kazirra si avvicinò all’uomo e gli chiese:

– Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c’era dentro? E cosa sono tutte queste casse?

 

Quello lo guardò e sorrise:

– Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sai? Sono i giorni.

 

– Che giorni?

 

– I giorni tuoi.

 

– I miei giorni?

 

– I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?

 

Kazirra guardò.

 

Formavano un mucchio immenso.

 

Scese giù per la scarpata e ne aprì uno. C’era dentro una strada d’autunno, e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se ne andava per sempre. E lui neppure la chiamava.

 

Ne aprì un secondo. C’era una camera d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè, che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari.

 

Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare.

 

Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco. Lo scaricatore stava diritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere.

 

– Signore! gridò Kazirra. Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole.

 

Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell’aria, e all’istante scomparve anche il gigantesco cumulo delle casse misteriose. E l’ombra della notte scendeva.

 

(Dino Buzzati, 180 racconti)

A presto,

Lucian

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