Come smettere di compiacere
Per smettere di compiacere gli altri inizia a cambiare le parole che usi tra te e te e tra te e gli altri.
Abbiamo visto come farsi rispettare, adesso scopriamo come smettere di compiacere e in cosa si distingue la comunicazione passiva.
Non si può non comunicare.
Paul Watzlawick
La comunicazione passiva
La comunicazione passiva è lo stile di comunicazione di chi tende a compiacere gli altri, a ingigantire le conseguenze delle proprie azioni e a colpevolizzarsi esageratamente per i propri errori.
È, inoltre, lo stile di comunicazione di chi ha troppo timore del giudizio degli altri e una marcata tendenza a giustificarsi.
Uno degli indicatori linguistici più evidenti di chi comunica passivamente è la parola perché inserita troppo spesso nel discorso per introdurre una giustificazione più delle volte non richiesta.
La comunicazione passiva è propria di chi sta seduto nell’“angolo” più lontano della scena discorsiva e trova difficile:
- affermare apertamente le proprie opinioni per la paura del giudizio altrui
- gestire efficacemente le proprie emozioni (perlopiù è l’ansia a farla da padrona)
- prendere decisioni, per la paura di sbagliare
L’insicurezza, l’intimorirsi per e durante un confronto e un’autostima ballerina incrementano ulteriorimente la passività nella comunicazione.
Comportamento a riccio
Chi adotta uno stile di comunicazione passiva tende ad appiattirsi sulle idee e le opinioni degli altri e a manifestare un comportamento a riccio: si rinchiudono in sé stessi e abbandonano, spesso di punto in bianco, la scena discorsiva sentendosi inadeguati, giudicati e poco compresi.
Un altra caratteristica di chi parla in maniera passiva: segna i propri confini culturali e comportamentali accentuando le diversità (“Io sono fatto così / Io faccio così e … basta”) a scapito dell’interazione collaborativa. Questo limite rivela, negli scambi verbali, modesta empatia.
Quando si tratta di un problema, più delle volte preferisce sorvolare invece che affrontare. E anche quando decide di affrontarlo, lo fa con un forte senso di sofferenza, di fatica, di frustrazione.
È relativamente facile notare nel comportamento discorsivo dei passivi la distanza tra il dire e il fare nelle conversazioni, nelle relazioni e nelle azioni.
Interlocutore ermetico
Il passivo è un interlocutore ermetico, imprevedibile, difficile. Può capitare di mostrarsi verbalmente aggressivo in risposta a quelle che possono essere percepite come minacce alla loro (esagerata) sensibilità.
Ci sono diversi marcatori linguistici dominanti che segnano la comunicazione passiva:
- affermazioni vaghe: Ma sì … Forse … Può darsi, Non saprei …, Non mi ricordo …
- ripetizioni ed espressioni di giustificazione: Ah, ma perché …, Eh, sì, ma perché lui …, È lui/lei che ….
- autocommiserazione: ah, ma io non posso, non so, non ci riesco …
- bisogni e interessi irrilevanti: Ah sì, ma io non è che voglio …, Ah, ma a me basta poco … E comunque io non ce la faccio …
- frasi incompiute, lasciate in sospeso con il compito implicitamente delegato all’interlocutore di riempire i puntini
Ho cercato nella storia recente del cinema italiano una scena che illustrasse la comunicazione passiva e i guai emotivi che ne derivano.
Non potevo trovare di meglio: quella che pui vedere qui sotto sta è la conversazione tra Magda e Furio nel Bianco, rosso e Verdone del 1981.
Cambiare direzione
Ora che hai guardato questo breve estratto del film, dimmi: ti ritrovi nei panni di Magda? Senti di vivere la vita passivamente, in panchina, anziché avere il posto che ti meriti in arena?
Se rispondi sì, è tempo di cambiare direzione. E c’è una sola cosa da fare: cominciare a fare sul serio.
La sezione Articoli di questo sito è il posto prediletto per chi vuole sviluppare e allenare i muscoli discorsivi come parte essenziale del proprio percorso di crescita e trasformazione personale o professionale.
Inizia oggi stesso scegliendo l’argomento che più ti ispira e presto, un passo alla volta, a piccoli passi, vedrai i risultati.
Buona scoperta,
Lucian Berescu
Foto di Guillaume Andreux