Sostenere una discussione, le regole da seguire
Un confronto, un dibattito, una trattativa si svolge sulla scena della comunicazione seguendo specifiche regole, chiare.
Lo scopo è di raggiungere un esito soddisfacente per tutte le parti coinvolte.
Ci sono precise regole che riguardano come sostenere una discussione, come entrare in empatia con l’interlocutore, come rimanere focalizzato sugli argomenti chiave e come porsi per avere l’attenzione degli altri.
Non voglio che il mondo sia tutto un coro Coca Cola in magica armonia: armonia significa unanimità, e la storia ha dimostrato quanto sia spaventosa l’unanimità. Preferirei giocare la partita senza regole della retorica, solo con qualche minima regola.
Jay Heinrichs
Un confronto da incorniciare?
Eccolo: una breve scena tratta da Erin Brockovich – Forte come la verità un film del 2000 ispirato a fatti realmente accaduti negli Stati Uniti.
Non discutete l’indiscutibile
Non si discute mai l’indiscutibile ci suggerisce garbatamente Jay Heinrichs, nostro contemporaneo d’Oltreoceano con la fissa per la retorica. È da lui che prendo in prestito l’espressione fallo retorico.
Ammonisce Heinrichs: “non bloccate l’argomentazione. Qualsiasi cosa le impedisca di raggiungere una conclusione soddisfacente va considerata un fallo.”
Per capire come funziona, ecco un paragone inedito, che fila.
Parliamo di calcio e immaginiamo una partita “senza regole” in un campo senza linee in cui si possa marcare e commettere fallo in qualsiasi modo. L’unico scopo in quest’ipotetica partita è mettere la palla in rete.
Sebbene il gioco possa farsi duro, finché tutti mantengono un giusto atteggiamento è ancora possibile giocare.
Che cosa accadrebbe se, invece, i giocatori andassero oltre e iniziassero a prendersi a calci nell’inguine?
A quel punto il gioco si guasterebbe. Oppure, se ci fosse una sola palla e un giocatore la prendesse e la portasse a casa, il gioco dovrebbe interrompersi del tutto.
Questo per dire che persino un gioco “senza regole” deve avere alcune regole minime: servono una palla e uno scopo, e i giocatori devono giocare.
Nello spazio del confronto e del dibattito che possiamo chiamare arena retorica, proprio come quella della scena in cui Erin Brockovich affronta brillantemente l’avvocato Sanchez, succede con gli argomenti ciò che succede con la palla nella partita “senza regole” di Heinrichs.
C’è un obiettivo, portarsi a casa la vincita retorica, e per raggiungerlo tutti si concentrano sul trovare le parole adeguati al contesto appropriato.
Il gioco si fa molto duro, soprattutto se di fronte ti ritrovi un interlocutore come Brockovich, adirata, per giunta. Sulla scena discorsiva volano parole taglienti, emozioni travolgenti, sguardi minaciosi.
La partita, tuttavia, va avanti.
L’argomentazione può arrivare alla conclusione a patto che nessuno la trasformi in una battaglia diversa da quella retorica o la snaturi. Altrimenti si pecca di discutere l’indiscutibile.
Nella scena illustrata sopra, siamo al limite, a dire il vero, per via di quell’indecente proposta di patteggiamento. Ma l’argomentazione di Brockovich è magistrale.
I falli retorici, da evitare
Adesso mettiamo da parte calcio, patteggiamenti improponibili e metafore travolgenti e vediamo quali siano i falli retorici da evitare per non arenarsi nel campo dell’indiscutibile:
- il pensiero in bianco e nero
- lo spaventa futuro
- gli occhiali appannati
- il naso all’insù
Vediamoli più in dettaglio.
Il pensiero in bianco e nero
Il pensiero in bianco e nero: “o cosi o cosa” non è contemplato nell’arena retorica.
Ci sono sfumature diverse di verità e di amicizia, e il bello e il brutto tempo della vita dipende in larga misura da come alla vita, al lavoro, alle persone vogliamo guardare.
Su che sguardo scegliamo di rivolgere al lavoro, alle persone e a tutto il resto, ti suggerisco di guardare Il felice segreto per lavorare meglio, la divertente e cliccatissima conferenza tenuta dallo psicologo Shawn Achor sul palcoscenico di TED.
Lo spaventa futuro
Lo spaventa futuro è come un muro oltre il quale c’è nulla. Se vedi il futuro come una minaccia, se lo immagini cupo e peggiore del presente, altro non fai che alzare, da solo, muri nella tua vita. Metaforici, certo, ma parecchio spessi.
Al futuro si guarda con curiosità e meraviglia, come a uno spazio fisico e simbolico tutto da conquistare parola per parola, passo dopo passo, giorno per giorno.
Gli occhiali appannati
Gli occhiali appannati sono gli occhiali attraverso i quali ci facciamo un’idea, una qualsiasi idea, tutta nostra, su qualsiasi cosa e poi non accettiamo più la posizione del nostro interlocutore.
In questo modo, il rischio è di distorcere la realtà guardandola attraverso i filtri della rabbia e del rancore, e questa non è una distorsione metaforica.
Il naso all’insù
Il naso all’insù: è presuntuoso chi pretende di conoscere i pensieri e gli stati d’animo degli altri senza che siano stati espressi, o aspettarsi che gli altri riescano a leggere i propri.
Non ci si capisce per bene solo con l’intuito o con il sentito e si rimane confusi e perplessi.
Frasi del tipo “Intendevo…”, “pensavo che …”, “credevo che …” sono marcatori linguistici di un pensiero che va troppo veloce. È difficile, se non impossibile sapere con precisione ciò che è bene per gli altri in mancanza di riscontri concreti.
Allo stesso modo, un errore comune è interferire con le vite altrui sostenendo di aver fatto quel che andava fatto per il tuo / suo / loro bene.
Il bene, il giusto, il vero che abbiamo in mente noi non sempre coincide con il bene, il giusto e il vero che le persone attorno a noi hanno in mente.
Parlare bene, un dovere
Un’atteggiamento responsabile nei confronti della vita, propria e di chi incontriamo ogni giorno, richiede scelta rispetto delle parole da dire e buon senso discorsivo. Parlare, del resto, è un piacere, parlare bene, un dovere.
Avere la retorica, l’arte del parlare con arte, nella propria cassetta con degli attrezzi della comunicazione efficace è in primo luogo cura e rispetto per se stessi.
Come osserva Sam Leith, un altro arguto giornalista, d’Oltremanica stavolta, nel suo Fare colpo con le parole:
La retorica è ovunque ci sia il linguaggio, e il linguaggio è ovunque ci siano le persone. Essere attratti dalla retorica equivale a essere attratti dalle persone, e comprendere la retorica è in buona parte capire il prossimo.
Con lui mi trovo d’accordo quando dice che, a differenza di Platone, suo maestro, Aristotele ha compreso questa semplice verità: viviamo circondati da persone abituate a parlare, a confrontarsi e a (auto)convincersi.
Aristotele, del resto, ha riflettuto e scritto molto sulla mente e l’anima umana per capire meglio come possiamo essere persuasivi, pragmatici ed efficaci.
È nato così quello stupendo scritto dal titolo Retorica e noi, tremila anni dopo, stiamo ancora frugando tra i suoi pensieri.
Un obiettivo ambizioso dell’arte del discorso è insegnarci a rispettare le regole per sostenere una discussione, un dibattito, una trattativa e stare bene con se stessi e insieme agli altri.
Perciò, evitate i falli retorici.
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A presto,
Lucian
Foto di Dion Raftopoulos