Conflitto: non giocate col fuoco!

Aggiornato: 18 Ottobre 2023

Conflitto: non giocate col fuoco!

Conflitto: non giocate col fuoco!

Il conflitto non è né buono, né cattivo, è inevitabile.

Se non lo possiamo evitare, possiamo, invece, governarlo.

Su qualunque piano – interpersonale o professionale, sociale o politico – si accenda un conflitto, se non si prova a governarlo e a contenerlo uno, molti o tutti finiscono per farsi male.

A volte, molto male.

Quando si tratta di gestione dei conflitti esiste un modello ideato dall’economista austriaco Friedrich Glasl che ci fornisce un prezioso aiuto.

La discesa di Glasl si articola in nove gradini, raggruppati a tre a tre. L’idea di fondo è che se non si interviene in modo deciso ai gradini più alti, la discesa diventi inevitabile con notevoli costi individuali e professionali, sociali e politici.

Lo schema di Glasl è una discesa verso il disastro, in una successione di scontri che si fanno via via più violenti e primitivi.

Secondo il ricercatore austriaco, il conflitto è implacabile e può andare oltre la volontà dei contendenti.

Lo confermano le parole e le immagini collegati al campo semantico della catastrofe che sbucano dagli schermi digitali e inondano la nostra quotidianità.

Vediamo gradino per gradino come si scivola nelle tenebre del conflitto.

Come nasce il conflitto

Si inizia con una discussione inoffensiva, salta fuori un argomento da contendere e tac! gli animi si riscaldano. Per esempio, dopo pranzo, tu vuoi che passi io l’aspirapolvere, e io voglio che lo passi tu.

Cambiamo scenari e protagonisti. Al posto dell’aspirapolvere, possiamo mettere qualsiasi altro elemento di contesa: i rumori dei vicini, il lancio di un nuovo prodotto, la scadenza di un progetto, il tema caldo dell’immigrazione, accordi commerciali non rispettati, rivendicazioni territoriali.

Ogni tema, minore o maggiore, su cui due o più attori possano non essere d’accordo può trasformarsi in una miccia capace di accendere un conflitto.

Nella prima fase, gli attori pensano che si potrebbe ancora trovare una soluzione in cui entrambi vincono, in qualche modo. La soluzione diventa meno evidente via via che la discesa continui nella seconda fase fino a scomparire del tutto nella terza e ultima fase.

Modello dell'escalation del conflitto di Friedrich Glasl

Dalla discussione inoffensiva, all’azione

I primi tre gradini di Glasl sembrano abbastanza inoffensivi.

Al gradino 1 c’è solo un po’ di tensione sulla questione contesa. Se il disaccordo permane si scende al gradino 2 dove la frustrazione dei contendenti cresce, e si comincia a polemizzare fino a quando qualcuno non decida che continuare a parlarsi è del tutto inutile.

Si arriva così al terzo gradino dove si passa dalle parole all’azione: si fa qualcosa per mettere la controparte davanti al fatto compiuto.

Fino a che si rimane tra il primo e il terzo gradino, l’idea di fondo è che possiamo ancora trovare un accordo in cui tutti vincono (win – win).

Insulti e minacce

La discesa lungo il secondo gruppo di tre gradini inizia a diventare ripida.

Il focus si sposta dall’oggetto del contendere che diventa marginale alla persona.

Il fuoco che divampa dentro i contendenti si trasforma in insulti e minacce: tu sei cretino o cretina, stupido o stupida, incompetente o malvagia, solo per non aver accettato di passare l’aspirapolvere dopo pranzo.

Sono parole inzuppate in cortisolo, con qualche bella spruzzata di adrenalina e noradrenalina.

Lo stress schizza da tutte le parti.

Si inizia a guardarsi attorno alla ricerca di alleati tra gli eventuali spettatori. Si aggredisce, si sfotte, si svaluta di brutto la controparte.

L’idea di fondo: io devo vincere, tu devi perdere (win – lose).

Con un’alta frequenza cardiaca e un’elevata pressione sanguigna il Cavaliere comincia a perdere il controllo dell’Elefante che fa le cose a modo suo: minacciato, prepara il corpo all’imminente combattimento.

Infatti, combatti e vinci, dice l’Elefante, mentre il Cavaliere, travolto dalla tensione, se ne sta in disparte, inerme.

Ha bisogno di calmare l’Elefante, ma quest’ultimo è ancora stordito dalla sua potente sbronza ormonale in risposta alla minaccia percepita.

Il cocktail di cortisolo, adrenalina e noradrenalina lo ha fatto andare su di giri e lui reagisce di conseguenza.

In questo secondo gruppo di gradini, il quinto è fondamentale. Arrivati a meta discesa, nella testa dei contendenti frulla un pensiero fisso: fare perdere la faccia all’altro, ritenendo se stesso buono e l’altro cattivo.

Il conflitto diventa così crudo che gli spettatori tendono a defilarsi. L’intera scena è occupata da Elefanti diventati attori ancora più liberi di comportarsi al peggio.

Subito dopo, al gradino 6, piovono gli ultimatum:

Se non vuoi passare l’aspirapolvere, io non lavo mai più i piatti!

Ok, chi se ne fotte, possono restare lì per sempre!

Fantastico, vivremo in una topaia!

… e via di questo passo …

I Cavalieri hanno completamente perso il controllo sul corso degli eventi e gli Elefanti hanno la loro ragione che la ragione non conosce.

Conflitto: insulti, minacce, fuori controllo

Fuori controllo

Siamo al terzo e ultimo gruppo di tre gradini.

Dal 7 gradino in poi si inizia a dar fuori di matto e c’è solo da sperare che qualcun arrivi a togliere dalle mani i fiammiferi.

Io perdo, tu perdi (lose – lose), non importa il prezzo da pagare. La ragionevolezza è scomparsa da un bel po’, ad affrontarsi sono rimasti solo gli Elefanti che non si risparmiamo alcuna bassezza linguistica, morale o fisica.

Il conflitto è così profondo che gli Elefanti, costi quel che costi, pensano solo alla distruzione della controparte. Al gradino 7 si mettono in atto le minacce espresse al gradino 6.

Siamo precipitati nelle tenebre del conflitto e il linguaggio è buio pesto: si parla di nemico da sterminare.

La situazione è ormai del tutto fuori controllo. Al gradino 8, si tratta di far effettivamente fuori l’avversario, ma senza esserne distrutti: un duplice obiettivo, che fa schizzare lo stress di ciascun contendente.

Al gradino 9, nemmeno l’istinto di autoconservazione vale più. L’unica cosa che conta è la distruzione completa dell’avversario, a qualsiasi costo.

Morale: i conflitti devono essere spenti quando sono ancora piccoli, prima che diventino incontrollabili.

Lasciarli fomentare equivale a scherzare col fuoco.

Se il modello di Glasl ti interessa o preoccupa, questo video di circa mezz’ora aggiunge diversi elementi a quanto raccontato sopra.

C’è anche da dire che lo schema di Glasl è, appunto, uno schema.

Non tutti i conflitti si sviluppano allo stesso modo, anzi a volte si verificano ripetuti andirivieni su e giù per i nove gradini.

Può capitare che un contendente si fermi al terzo gradino, mentre l’altro dà fuori di matto come se fosse al sesto perché vuole alimentarlo, il conflitto.

Ora che hai ben presente come si casca negli abissi di un conflitto, mi raccomando: se devi proprio scendere, fermati al terzo gradino.

Oltre, il buio si infittisce.

Conclusione

Il modello ideato dall’economista austriaco Friedrich Glasl si articola in nove fasi: la prima in cui si discute, l’ultima in cui si distrugge, costi quel che costi.

I gradini intermedi descrivono l’accentuarsi del conflitto e la crescente polarizzazione delle parti coinvolte.

Glasl sottolinea l’importanza della comunicazione, della fiducia reciproca e del coinvolgimento di terzi mediatori per moderare i toni, prevenire l’escalation e lasciare la contesa tra le mani dei Cavalieri.

Il modello di Glasl è ampiamente usato nel mondo per determinare a che stadio è un conflitto e, di conseguenza, che cosa è meglio fare per contenerlo.

Un abbraccio,

Lucian Berescu

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