da Lucian Berescu | Crescita & Trasformazione
In questo articolo scopriremo i 12 migliori TED Talks per la tua crescita personale e professionale.
Se non conosci TED.com significa che ti stai perdendo un grande opportunità di esplorare una delle migliori risorse gratuite per la tua crescita personale e professionale.
Nel caso non lo sapessi, TED è l’acronimo di Technology Entertainment Design ed è un progetto lanciato nel 1984. Da allora TED.com è cresciuto sempre di più fino a diventare un fenomeno globale che ha lo scopo – secondo il proprio slogan – di diffondere idee che valgono: “Ideas worth spreading”.
Nell’articolo di oggi ti spiegherò quali sono i dodici migliori discorsi per un percorso di crescita e trasformazione sostenibile, personale e professionale.
Sono tutti in lingua inglese, ma hanno i sottotitoli in italiano (oltre che in altre lingue).
Per visionarli clicca sull’autore e il titolo del discorso.
La frase che più mi ha colpito (min. 5:40):
C’è una forte correlazione tra una società che dice alle persone che possono fare qualsiasi cosa, e l’esistenza della bassa autostima.
Alain Botton è uno dei più influenti filosofi contemporanei e fondatore di The School of Life.
Di lui ho letto parecchi libri e guardato diversi video, tra cui questa tagliente analisi della società moderna pervasa da ansia di successo e fallimento.
Se ti chiedi che cos’è lo snobismo e come rimanere calmi di fronte alle ondate degli snob che popolano l’inizio del terzo millennio, ritagliati poco più di 15 minuti e guarda questo arguto talk.
La frase preferita (min. 6:15):
L’obiettivo non è di trasformare i bambini nel vostro tipo di adulti ma di formare adulti migliori di quanto siete stati voi.
Ho particolarmente amato l’intervento di Adora Svitak, all’epoca dello speech una bambina poco più grande di Chiara, mia figlia.
Parla di creatività e di ottimismo, del saper essere bambini anche da grandi e si conquista gli applausi di un numeroso pubblico molto più grande di lei.
Da adulti tendiamo a dimenticare di essere bambini e un promemoria ogni tanto può solo farci bene, ancora di più se siamo genitori.
La frase che ho scelto (min. 6:10):
Il messaggio più chiaro che otteniamo da questo studio di 75 anni è questo: le buone relazioni ci mantengono felici e più sani. Punto.
Diventare ricchi e famosi ci rende felici? C’è chi dice sì, c’è chi dice no.
Qualcuno dice forse? 🙂
In poco più di 12 minuti, lo psichiatra Robert Waldinger riassume e condivide tre lezioni apprese dal più lungo studio scientifico sulla felicità di sempre: più di 700 persone seguite per più di 75 anni.
La mia frase preferita (min. 5:50):
… abbiamo sistemi nazionali d’istruzione dove gli errori sono la cosa più grave che puoi fare. E il risultato è che stiamo educando le persone escludendole dalla loro capacità creativa. Picasso una volta disse che tutti i bambini nascono artisti. Il problema è rimanerlo anche da adulti. Io sono convinto che non diventiamo creativi, ma che disimpariamo ad esserlo. O piuttosto, ci insegnano a non esserlo.
Sir Ken Robinson è genitore, educatore ed esperto di creatività e il suo spumeggiante talk è uno dei più visionati di sempre.
Guardalo e capirai il perché.
La mia frase (min. 6:40):
Il parco giochi oscuro è un posto che tutti voi procrastinatori conoscete bene. È dove si fanno le attività di svago in quei momenti in cui non si dovrebbero fare.
Anche tu aspetti fino all’ultimo per fare le cose, fuochino? 🙂
Si chiama procrastinazione e questo divertente talk ti aiuta a capire come ragiona un procrastinatore.
Una volta compreso i meccanismi della sua mente potresti voler cambiarli, modificarli oppure lasciarli cosi come sono. Prima di decidere, però, dedica 14 minuti – ben spesi – del tuo tempo e guardati questo discorso illuminante.
La mia frase preferita (min. 11:35):
Come pensate e come agite può trasformare il modo di sperimentare lo stress. Se scegliete di vedere la reazione allo stress come utile, create la biologia del coraggio.
Hai presente quella pressione interiore che ti fa battere il cuore più veloce e respirare in affanno?
La chiamiamo stress e grazie all’intervento di Kelly McGonigal scopriamo che possiamo persino farci amicizia.
Il tutto in 14 minuti in cui dati scientifici incoraggianti ci dicono che possiamo rendere lo stress un punto forte della propria vita. Allora, facciamolo.
La mia frase preferita (min. 14:00):
… le persone che cambiano il mondo, il nostro modo di vivere e di pensare, sono le persone che all’inizio ebbero anche violenti rifiuti.
L’originale esperimento di Jia Jiang è uno di quegli a cui ognuno di noi dovrebbe sottoporsi per superare una volta per tutte la paura del rifiuto.
Scopri in questo appassionato e applaudito talk esattamente che cosa ha fatto il protagonista in un suo esperimento durato cento giorni.
La mia frase (min. 7:35):
L’obiettivo non è vendere a gente che ha bisogno di ciò che avete; l’obiettivo è vendere a gente che crede in quello che fate. L’obiettivo non è solo assumere persone che hanno bisogno di un lavoro; è assumere gente che crede in ciò che credete voi.
Questo è l’intervento di Simon Sinek in cui presenta un modello di leadership costruito su questa semplice domanda: “Perché?”
La risposta è qui: in questo discorso di 17 minuti su condivisione, fiducia e cambiamento. Da non perdere.
La frase scelta (min. 5:15):
Preferiamo le voci ricche, morbide, calde, come la cioccolata calda.
Qual è lo strumento musicale che ha il suono più potente del mondo?
Proprio così: la voce umana.
Lo dice Julian Treasure, uno dei maggiori studiosi dell’unico strumento musicale che tutti noi suoniamo ogni giorno: la voce, appunto.
Per adoperarla al meglio, evita i sette peccati capitali dell’eloquio e lascia spazio ai quattro pilastri del discorso potente. Se vuoi finalmente farti ascoltare come si deve da amici, parenti e colleghi di lavoro, questo video non te lo puoi proprio perdere.
La mia frase preferita (min.15:25):
Il problema è che non si possono sopprimere le emozioni in maniera selettiva. Non si può dire, questa è la roba cattiva. Ecco la vulnerabilità, il dolore, la vergogna, la paura, la delusione, non voglio provare questi sentimenti. Mi faccio un paio di birre ed un muffin con noci e banane!
Anche a te capita di percepire un senso di disumanizzazione nella nostra quotidianità abbondantemente condita da estrema competitività, alta velocità e meravigliosa creatività tecnologica?
Se sì, non sei l’unico, e lo speech di Brené Brown ne è la prova. Guardalo, è memorabile.
La mia preferita (min. 13:50):
Perché noi tutti sappiamo, per quanto sembri banale, che il segreto del vivere sta nel dare. Tutti sappiamo che la vita non si basa sull’io ma sul «noi».
Tony Robbins è autore di numerosi libri e seminari in giro per il mondo sullo sviluppo personale.
La domanda al cuore di questo suo discorso è: “Perché facciamo ciò che facciamo?”, un interrogativo che tutti noi dovremmo porci ogni tanto.
In questo video scopriremo alcuni spunti di riflessione molto interessanti su uno dei più importanti motori del comportamento umano: la motivazione.
La frase che più ho apprezzato (min. 6:08):
Non è necessariamente la realtà a modellarci ma è la lente attraverso cui la tua mente vede il mondo che modella la tua realtà. E se possiamo cambiare quella lente, non solo possiamo controllare la nostra felicità ma possiamo cambiare ogni singolo esito nello studio o negli affari, allo stesso tempo.
Lavoriamo per essere felici o siamo felici lavorando?
La domanda, provocatoria, che trova risposta in questo esilarante talk in cui l’autore parla di psicologia positiva e di come applicarla alla vita di tutti giorni.
Questi sono, quindi, i dodici migliori TED Talks per la tua crescita personale e professionale, in un articolo un po’ diverso dal solito.
Mi auguro ti sia piaciuto e auspico che salverai questa pagina tra i tuoi preferiti e tornerai a visitarla ogni volta che sarai in cerca di ispirazione.
Ci hai preso gusto e vuoi approfondire?
Nella sezione Risorse del sito trovi una pagina dedicata ai video di crescita e trasformazione (clicca qui). Dacci un’occhiata, ce ne sono diversi, per categoria.
Spero troverai quello che fa al caso tuo.
Un abbraccio,
Lucian
Foto da Google Immagini
da Lucian Berescu | Crescita & Trasformazione
Riflessioni sulla filosofia, sul suo significato e sulla sua utilità nella vita di tutti i giorni.
Ci siamo incontrati a Padova, in occasione della finale nazionale del Torneo di dibattito regolamentato Palestra di Botta e Risposta 2017.
È stato subito sintonia di pensiero, tanto da fermarci a chiacchierare a lungo: di comunicazione, di società, di filosofia e soprattutto di vita.
Gian Paolo Terravecchia è docente di filosofia, doppio PhD in filosofia e in filosofia teorica e pratica, autore di diversi libri e manuali.
Quella sera, seduti nella hall di un prestigioso albergo padovano ci siamo interrogati con curiosità adolescenziale sul significato della filosofia e sulla sua utilità nella vita.
Non capita tutti i giorni e non a tutti capita. Ma quando succede, vedi cose nuove che non hai visto prima, oppure vedi le stesse cose da una prospettiva diversa.
Non credo che tu debba essere migliore di tutti gli altri, penso che tu debba essere migliore di quanto tu abbia mai pensato di poter essere.
(Ken Venturi, golfista)
Questa è l’intervista che ha rilasciato in esclusiva per i lettori del Blog.
Gian Paolo, a te la parola.
La filosofia è molte cose e una sola. È molte cose a seconda di chi la pratica: l’accademico studia cose filosofiche come “l’influsso di Tito Livio sulla riflessione filosofico-politica del tardo Rinascimento”, “i problemi mereologici nell’ontologia degli enti finzionali”, “quali varianti ermeneutiche rilevanti del testo della Metafisica di Aristotele si giustificano sulla base della sola famiglia di manoscritti alpha?”
Si tratta di problemi che restano del tutto estranei all’uomo comune. Questi non solo non li apprezza, ma di solito non ha nemmeno gli strumenti per capirne il senso.
L’uomo comune potrebbe però trovare curioso l’ultimo libro sulla filosofia di Star Trek e appassionarsi alla filosofia dei Simpson. Temi che invece l’accademico disprezzerà, anche per il tentativo di commercializzare e divulgare frammenti di ciò che egli tratta con strumenti raffinati, nella propria attività professionale.
Il suo amore per il rigore e il tecnicismo viene mortificato dalla volgarizzazione e dall’impoverimento banalizzante.
Per contro, c’è da credere che tanto l’accademico quanto l’uomo comune saranno disinteressati a quello che invece fanno, per esempio, milioni di italiani che insegnano o studiano alle superiori i classici della filosofia: gli accademici, ritenendo la cosa noiosa e troppo a tagli grossi e di base; l’uomo comune faticherà invece a capire perché ci si dovrebbe interessare a una lunga teoria di personaggi, spesso bizzarri, che dicono molte cose, non di rado almeno a prima vista strampalate.
Vi è poi almeno un’ulteriore categoria.
Gli intellettuali, che pensano alla filosofia come un vezzo e che citano l’ultimo filosofo di grido per dare un tocco alto al loro dire, o che si servono di qualche concetto filosofico come posa per marcare la differenza che li eleva, per farne un ornamento rivelatore della loro aristocratica superiorità.
Essi non avranno le risorse intellettuali per comprendere i lavori accademici, arricceranno il naso di fronte alla cultura pop che, se abbracciata, li tradirebbe come dei parvenu della filosofia.
Potrebbero però effettivamente appassionarsi per la storia della filosofia, ma finirebbero, più forse di tutti gli altri, per tradire la filosofia, quello che essa è autenticamente, se davvero c’è qualcosa del genere.
Dicevo infatti, all’inizio, che la filosofia è una sola: è amore di sapere, come suggerisce l’etimo, l’origine della parola. È una passione e consiste nel bisogno di guardare alle cose, cercando di capire i perché ultimi, non accontentandosi delle apparenze, amando la verità più che se stessi e soprattutto, nel tentativo di soddisfare questo bisogno, formulando tesi esplicative poi argomentate.
In questo, la filosofia oggi non è per nulla diversa da quella che era ieri, da quel che era nel suo momento aurorale, tra gli antichi greci.
Bisogna custodire questo spirito originario, perché molte delle forme in cui si pratica la filosofia oggi rischiano di dimenticarlo e perciò ci si dice filosofi, ma si fa altro dalla filosofia.
Si fa qualcosa che con lo spirito della filosofia ha poco o nulla a che spartire. Siccome infatti quel che si fa conserva l’etichetta della cosa, ci si illude di fare ciò che in realtà si tradisce.
Lucian: Ci guardiamo in giro e spesso vediamo persone che parlano tanto e non sempre bene. Come la filosofia può aiutarci a parlare meglio, parlando meno?
Gian Paolo: Mi piace questa domanda!
Davvero preziosa soprattutto per le due parole finali: “parlando meno”. La filosofia in realtà non insegna a parlare meno, questo lo insegna qualsiasi buon insegnante di italiano, che esercita gli allievi a fare riassunti.
La filosofia insegna ad andare all’essenza, a cogliere il nocciolo, a stare sul punto. Il suo non è un esercizio di sintesi, ma di essenzialità, un amore alla chiarezza del pensiero. Altrimenti si finisce per essere ossessionati dal dire meno e si finisce per optare per un dire poco che è un impoverire.
A volte, per essere davvero chiari, bisogna parlare tanto: un trattato di poche pagine può essere scuro come la notte e un volume di mille pagine può essere cristallino e completo.
Il parlare meno quindi va inteso non come una conta di parole che aspira al risparmio, una parsimonia espressiva fine a sé stessa, ma come un saper dire che va al cuore della questione e la sviscera, rivelando prospettive inaspettate e stupefacenti.
Quando un filosofo sa fare bene il suo mestiere, le sue concettualizzazioni riescono a dire molto di più e meglio. Ma non sempre è facile e la capacità di elaborare concettualità che funzionano non è del solo filosofo.
La potenza espressiva che può avere una buona concettualizzazione mi si è rivelata qualche anno dopo aver scritto la mia tesi di laurea, che discuteva lo stile del Tractatus, il capolavoro di quel grande logico e filosofo del Novecento che fu Ludwig Wittgenstein. Avevo infatti scritto diverse pagine, cercando di esprimere un concetto, ma non avevo la parola per farlo e perciò ci giravo intorno, senza ottenere quella chiarezza cui pure aspiravo.
Anni dopo, con lo sviluppo dell’informatica, si cominciò a parlare di ipertesto. Quando conobbi la parola fu per me un’illuminazione: quello che avevo con tanta fatica cercato di dire è che il Tractatus è un costrutto intellettuale ipertestuale: tre parole che liquidavano tanti faticosi e goffi giri di pensiero.
L: Uno dei più ardui propositi della vita di tutti i giorni è trovare le parole giuste e pronunciarle al momento giusto. La filosofia ci può aiutare?
GP: Vero, davvero arduo! Ma, ancora una volta, no, almeno non lo credo.
Il filosofo, per come la figura si è sviluppata nella cultura occidentale non è di per sé il saggio. Qualcuno sa forse insegnare ad acquisire uno stile di pensiero filosofico, una sensibilità a problematizzare, un amore all’argomentazione, una capacità dialettica, una proprietà nell’uso della concettualità filosofica e può offrire una cultura filosofica attraverso lo studio dei classici.
Tu ti riferisci invece ad altro, mi sembra, cioè a una sensibilità e a una capacità umana che si coltivano negli anni e che non sono per lo più oggetto della riflessione filosofica.
Ciò detto, alcuni settori della filosofia offrono strumenti preziosi per trovare modo di dire le cose e per discernere il momento migliore e persino le forme più adatte al contesto.
La filosofia non va insomma idealizzata, perché non è bene avere attese che essa rischia di disattendere. Soprattutto, la sfida filosofica decisiva è che queste cose non vanno ricercate in una tecnica che, quasi non occorresse pensare, ci dice con un automatismo il quando e il come; quanto piuttosto essa ci invita a formarci uno spirito sensibile e pronto a cogliere l’attimo.
L: Chi nella complessità del mondo odierno ha più bisogno di filosofia? I giovani? I manager? I politici?
GP: Nessuno di questi, in quanto tali. Tu menzioni una serie di categorie sociali.
La filosofia si rivolge all’uomo, al suo desiderio di conoscere, al suo insopprimibile e però spesso sopito desiderio di capire il mondo e il proprio posto nel cosmo, sopito dal potere, dalla stanchezza del vivere, dall’effetto stordente delle urgenze del quotidiano.
Perciò tutti ne hanno bisogno, ma è così per via della loro natura, non a motivo della loro condizione. Può poi succedere però che certe condizioni rendano particolarmente sensibili a specifiche questioni filosofiche; per esempio, chi lavora nella sanità lo diventa alle questioni dell’etica della cura, o chi lavora nel mondo della scuola ai problemi della filosofia dell’educazione.
È più difficile che i politici si sentano sensibili ai problemi della filosofia politica, perché la loro pratica li assorbe e non è facile per loro capire che si è capaci di scelte migliori, se consapevoli delle opzioni teoriche in campo. Da questo punto di vista, un certo populismo fa credere che la buona politica trovi nell’onestà e nella rettitudine la panacea, così che ne dovrebbe derivare quasi automaticamente il buon governo.
Se avessi accettato la tua domanda senza riserve, avrei detto che c’è effettivamente una condizione che più di ogni altra ha urgenza di restare a contatto con la filosofia. Si tratta dei giovani: una gioventù resa sensibile dalle questioni filosofiche è avvantaggiata, perché può acquisire un habitus, un modo di guardare alle cose della vita e a sé ricco e tale da donare flessibilità e apertura mentale. Doti preziose che rendono migliori.
L: Di felicità se ne parla tanto e tutti vorrebbero raggiungerla. È la filosofia una via per raggiungere la felicità?
GP: No, o almeno non è detto, mi sembra.
La via per raggiungere la felicità è una pratica che dipende dalla saggezza che consiste nella capacità di deliberare i mezzi per conseguire la piena realizzazione di sé.
La filosofia dell’accademia non insegna a essere saggi, né la filosofia pop, né il modo di esprimersi filosoficamente dell’intellettuale. Se poi la semplice lettura dei classici insegnasse la saggezza, l’umanità avrebbe un sicuro metodo per migliorarsi, ma purtroppo non è così.
Questo non significa però che la filosofia non abbia nulla da dire sulla felicità, né che la sua pratica non possa risultare davvero decisiva per vivere una vita migliore.
La filosofia infatti insegna ad avere più chiari i fini verso cui l’essere umano va. Essa, del resto, consente di deliberare con maggiore consapevolezza sui mezzi, permette di conseguire un sano distacco dagli esiti e dalle proprie istintualità e pulsionalità, o almeno fornisce valide ragioni per farlo.
Se si ha una vocazione a fare della propria vita un cammino filosofico, allora essa è effettivamente una via per la felicità, per la propria felicità individuale. Ma questo è un discorso per pochissimi e non è il modo in cui solitamente si intende la tua domanda.
Grazie Gian Paolo, per gli spunti offerti e per aver condiviso con i lettori del Blog le tue riflessioni.
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A presto,
Lucian Berescu
da Lucian Berescu | Public Speaking
Come organizzarsi al meglio per vincere un dibattito.
Prima, però, vediamo che cos’è un dibattito.
Un dibattito è un confronto tra due o più partecipanti che esprimono idee e opinioni diverse in merito a un argomento proposto.
In altre parole, il Signor Tizio discute con il Signor Caio su un argomento scelto. Entrambi lo inquadrano da più prospettive, ciascuno a modo suo.
In genere, il dibattito si svolge in presenza di un pubblico: l’uditorio. Chi riesce a convincerlo, l’uditorio, della bontà della propria tesi, vince.
E, nel caso di un dibattito regolamentato, oltre all’uditorio c’è la giuria composta da 3 – 5 giudici.
Semplice, no? Non proprio.
Non basta possedere gli argomenti che si devono esporre, ma è anche necessario esporli nel modo appropriato.
Aristotele
A dire il vero, il dibattito è faccenda parecchio complicata, tanto da essere dibattuta, appunto, in un Seminario-Laboratorio dal titolo Vincere un dibattito. Principi e regole di aggiudicazione, a cui ho recentemente partecipato all’Università di Padova.
Su invito di Palestra di Botta e Risposta sono stato giudice in diversi dibattiti regolamentati dal Protocollo Patavina Libertas nella regione Veneto. Tra questi, anche la finale regionale in cui è stata designata la squadra che ha poi rappresentato il Veneto alle prime Olimpiadi nazionali di Debate Italia.
Sull’argomento, puoi leggere:
Debate: le prime Olimpiadi a Roma
Controvento, andiamo alle Olimpiadi di Roma
Essere stato presente in prima persona a questi eventi di alto valore formativo mi ha dato l’opportunità di raccogliere alcuni appunti riguardo al dibattito regolamentato che volentieri sintetizzo e condivido.
Consigli per vincere un dibattito
Durante un dibattito, i partecipanti mettono in atto un comportamento discorsivo inteso come l’insieme di ciò che dicono, come lo dicono e quando lo dicono.
Detto questo, chi ha l’opportunità di partecipare a un dibattito regolamentato entra in uno spazio simbolico che possiamo chiamare Arena Discorsiva.
In questo spazio e per alcuni minuti, il buon disputante diventa un Gigante del Discorso che argomenta al meglio nel tempo a sua disposizione, un punto di vista, un’idea, una visione con l’obiettivo di convincere l’uditorio della bontà della propria tesi.
Di seguito, sette suggerimenti per organizzare e presentare la propria argomentazione efficacemente:
- Ragionamento hyperlink. Nella preparazione dell’intervento seleziona le parole chiavi del discorso preparato e scrivile su cartoncini di piccole dimensioni. Ti serviranno per richiamare più facilmente allo spirito l’argomentazione che hai preparato dopo accurate ricerche sul tema da dibattere
- Usa i tre magnifici strumenti retorici: Ethos, Pathos, Logos
- Ethos: (di)mostra autorevolezza sul tema di discussione ed esprimiti con la formalità adatta al contesto facendo buon uso di tutti i tuoi strumenti di comunicazione: voce, sguardo, gesti, abbigliamento
- Pathos: non puoi e non devi lasciare l’uditorio e i giudici indifferenti all’esposizione della tua argomentazione. Inserisci nel tuo discorso una storia personale, toccante e coinvolgente per suscitare quelle emozioni da far venire la pelle d’oca
- Logos: costruisci il tuo discorso a piccoli passi con adeguato ragionamento consequenziale. Un esempio? Nessuno è perfetto. Io sono nessuno. Quindi io sono perfetto. Scherzo, ma ci siamo capiti 🙂
- Eloquio. In quei 2-3 minuti che hai a disposizione sei un Gigante in Arena, è tua la scena del discorso, quindi fatti valere come Padrone dell’Argomento in discussione, suscita l’ammirazione dell’uditorio e dei giudici con le parole che dici e come le dici: giusta cadenza, chiarezza e naturalezza, proprio come se parlassi al tuo miglior amico
- Evita i tic verbali. L’ecosistema discorsivo in cui inserisci la tua argomentazione deve essere limpido senza passpartout discorsivi tipo “sai”, “beh”, “dai”, “insomma”, “mica”. Uditorio e giudici si aspettano un Gigante disputante in Arena, discorsivamente disciplinato, non pigro
- Frasi killer, frasi seducenti. Tra le prime: “Tutti voi sapete”/ “Noi tutti sappiamo”, “Non possiamo fare a meno di …” Tra le seconde: “Vi rendiamo partecipi a …”, “Condividiamo con voi …”, “Siamo onorati a …” Piccolo accorgimento discorsivo: proiettate l’interlocutore/ascoltatore nel futuro: “Noi pensiamo”, “Noi crediamo” possono diventare “Noi vi proponiamo (un visione del mondo in linea con …)”, “Noi vogliamo condividere un’idea del mondo in sintonia con …” e “Noi cerchiamo di …” può diventare un più efficace “Noi vi illustriamo / illustreremo una visione del mondo (che riassume e valorizza un pensiero …)”. Certo, ciò che dici è importante, ma anche come lo dici può fare una grande differenza
- Fluidità discorsiva. La genuinità del discorso deriva dalla capacità di padroneggiare la parola parlata, pause ed esitazioni incluse, non dalla sua lettura. Occorre esercizio per una buona performance pertanto provare, provare, provare, davanti allo specchio e davanti ad amici e parenti. Più si pratica più si acquisisce sicurezza, prima del dibattito vero
- Chiarezza e concisione. Evita di essere prolisso, ispirati, invece, allo stile giornalistico. Il ragionamento premiante è un ragionamento che risponde con frasi brevi (Soggetto – Verbo – Complemento) alle classiche 5W (Chi?, Cosa?, Quando?, Dove?, Perché?)
Idee per gli allenatori discorsivi
Compito arduo ma fondamentale degli allenatori discorsivi è portare le loro squadre fuori dalla dimensione Scuola, più mentale che fisica. La Scuola troppo spesso intimorisce.
Pertanto, per quanto sia possibile, gli studenti partecipanti dovrebbero sentirsi fuori dall’ambiente scolastico e dentro lo spazio più ampio della vita.
Guidare i disputanti verso una dimensione simbolica della Cittadinanza, della Democrazia è l’unico modo per farli sentire non solo studenti, ma soprattutto cittadini.
È questo il compito degli allenatori discorsivi che puntano in alto: far sentire le loro squadre di disputanti prima di tutto cittadini, esseri umani pensanti e capaci di usare le parole con la responsabilità e la creatività di un Gigante dell’Argomentazione dentro e fuori dall’Arena Discorsiva del dibattito regolamentato.
Ciò che i disputanti fanno a suon di botta e risposta, ed è bene non perderlo di vista, è un percorso di educazione alla cittadinanza responsabile e un meraviglioso esercizio di democrazia.
La preparazione e la partecipazione a una gara di dibattito regolamentato non significa solo voler accumulare punti e vincere una mera competizione.
È invece e soprattutto un esercizio di responsabilità civica in una palestra speciale in cui si affila ragionamento e pensiero critico per costruire la società di domani in cui gli studenti di oggi saranno registi e protagonisti del Futuro.
Idee per i giudici di dibattito
Ecco alcuni suggerimenti anche per chi è chiamato a valutare i tornei di dibattito regolamentato, me stesso compreso.
Senza ombra di dubbio, i giudici hanno un compito impegnativo che richiede massimi criteri di oggettività.
È necessario restare imparziali e aperti alle argomentazioni dei disputanti, ascoltarli attentamente mettendo in disparte le proprie idee, le convinzioni, gli stereotipi e i pregiudizi di cui siamo inevitabilmente portatori.
Il giudice di una gara di dibattito regolamentato deve accogliere l’esposizione degli argomenti da parte dei disputanti seguendo una griglia di valutazione predisposta dagli organizzatori tenendo a bada il proprio retroterra culturale.
Dall’altra parte, proprio perché è umanamente impossibile essere del tutto imparziali, i disputanti devono giocarsi bene questa carta, cercando di “rapire”, avvolgere e coinvolgere non solo l’uditorio ma anche i giudici durante l’esposizione della propria tesi.
In ogni caso il dibattito su come valutare un dibattito continua.
Ringrazio di cuore il professor Adelino Cattani, Maestro di vita e di parola, e il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova per l’invito a questo Seminario, un’eccellente occasione per condividere idee e suggerimenti su quali possano essere i migliori parametri di aggiudicazione di un dibattito regolamentato.
Per più informazioni sull’eventuale partecipazione a un torneo regionale o nazionale di dibattito regolamento Palestra di Botta e Risposta scrivete al professor Adelino Cattani adelino.cattani@unipd.it oppure a ciao@lucianberescu.it.
A presto,
Lucian
Foto dall’archivio personale
da Lucian Berescu | Comunicazione efficace
Tattiche verbali: le dieci che devi sapere.
Il discorso è l’insieme di ciò che diciamo, come lo diciamo e quando lo diciamo.
Per la sua natura sfuggente e dinamica, il discorso non può essere inquadrato in ricette standard e formule collaudate. All’opposto, ogni discorso lascia spazio alla personalizzazione, all’adattamento in funzione dell’interlocutore e del contesto in cui si svolge.
Sono pronto a pagare la capacità di trattare con la gente più di qualsiasi altra capacità al mondo.
John D. Rockefeller
Il viale della crescita personale passa per il vialone delle parole.
Vuoi intraprendere un percorso di crescita e trasformazione?
Inizia dalle tue parole: presta attenzione a ciò che dici, a come e quando lo dici.
Ugualmente, stai attento all’ambiente linguistico in cui ti trovi: le parole che senti, come e quando le senti.
E quando serve sii pronto a usare le tattiche verbali del caso.
Prima di condividere le dieci tattiche verbali efficaci che non puoi assolutamente non sapere, lasciami introdurti un concetto utile che ho maturato nella mia esperienza di crescita e trasformazione iniziata qui, in Italia, quindi non nella mia madrelingua e neanche nel mio Paese di nascita.
Il concetto in questione è un “muscolo” particolare che ho chiamato resilienza discorsiva. È di fondamentale importanza nelle interazioni della nostra quotidianità e per questo motivo è necessario allenarlo e svilupparlo.
La resilienza discorsiva è la capacità di resistere agli attacchi verbali e non farsi trascinare nel vortice del nervosismo di fronte a critiche ritenute aggressive, ingiustificate, eccessive.
Opportunamente allenata ci aiuta a cogliere i migliori spunti dalle critiche costruttive e rispondere a tono agli attacchi verbali infondati.
La resilienza discorsiva è un muscolo che funziona da barriera contro l’aggressione con parole ostili e discorsi inopportuni. Averlo in perfetta forma significa che le minacce alla tua serenità interiore diminuiscono drasticamente.
Se alla resilienza discorsiva aggiungi anche le giuste tattiche verbali, riuscirai a muoverti abilmente tra le pieghe del discorso, a casa, a scuola, in azienda e, più in generale, nella vita.
Dieci tattiche verbali che non puoi non conoscere
Le tattiche verbali sono come le mosse di judo: si possono insegnare e si possono imparare. Con la tattica verbale adeguata puoi ribattere, coinvolgere, convincere, ironizzare e persino sedurre il tuo interlocutore.
Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono.
George Bernard Shaw
Ecco le dieci pronte all’uso che ti consiglio di imparare per poi poterle utilizzare nei più svariati contesti della vita quotidiana. Ogni tattica è accompagnata da un esempio.
Tattica dell’abbraccio
Un particolare ringraziamento va alla Signor/a (inserire nome e cognome) per l’impegno profuso nell’attivazione del progetto …
Tattica dell’autorità
Se non mi credete, sarà sufficiente andare a leggere ciò che in merito scrive il celebre esperto di economia professor (inserire nome e cognome di massima autorità nel campo) nel suo ultimo libro (inserire il titolo del libro)
Tattica dell’aureola
Nell’incontro che ho avuto in merito con (inserire personalità apprezzata nel campo) gli ho spiegato chiaramente come occorre procedere in merito; è rimasto impressionato e ha promesso di intervenire …
Tattica del dettaglio
Lei ha veramente delle ottime idee. Magari ne ha una geniale anche su come finanziarle!
Tattica del contropiede
Vuole risparmiare? Forse si potrebbe cominciare con il suo stipendio.
Tattica del gioco di parole
La differenza è la stessa che c’è fra una botte e un bottone.
Tattica dell’inversione
Mi accusa di ambizione! Grazie per il complimento: sono ambizioso e intendo restarlo; questa ambizione non ha mai danneggiato la nostra associazione, anzi spesso le è tornata utile.
Tattica della svalutazione
Per mettersi in mostra, lei fa di una mosca un elefante! I nostri problemi sono però di tutt’altra natura.
Tattica della rivalutazione
Voi ridicolizzate interventi che ci riguardano e danneggiano tutti. Ne deduco che non avete ponderato bene le vostre affermazioni.
Tattica del boomerang
Proprio perché le casse languono e siamo alle strette è necessario procedere a questa acquisizione, se vogliamo tornare concorrenziali.
Non è il DIRE che fa girare il Mondo, è il FARE. Il punto è che il DIRE precede il FARE.
Lucian Berescu
Le tattiche verbali, lo ricordo, sono come le mosse di judo: si possono insegnare e si possono imparare.
Mettendo in atto un’abile mossa verbale al momento giusto e nel contesto adatto possiamo ottenere un vantaggio o sfuggire a una trappola, discorsiva o relazionale.
Ci aiutano, infine, a rendere il discorso conciso, cristallino e rispettoso.
Tutto qui, per oggi 🙂
A presto,
Lucian
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da Lucian Berescu | Comunicazione efficace
Come parlare meglio: gli errori da non fare.
Dire le cose giuste per essere efficace e nel modo giusto per essere efficiente è complicato e stimolante allo stesso tempo.
Con questa formula discorsiva riprendo e adatto alle parole e alle interazioni che ne derivano le definizioni di efficace ed efficiente di Peter Drucker, uno che di management si intendeva parecchio, visto che viene considerato il fondatore del management moderno. A lui vengono attribuite le seguenti due definizioni:
EFFECTIVENESS IS DOING RIGHT THINGS
[Efficacia è fare le cose giuste]
EFFICIENCY IS DOING THE THINGS RIGHT
[Efficienza è fare le cose nel modo giusto]
Applicate alle parole queste idee significa: prima sei efficace perché dici le cose giuste, poi sei efficiente perché dici le cose nel modo giusto.
Così il parlare diventa un’arte: l’arte del parlare con arte. Padroneggiarla significa impiegare un’adeguata quantità di risorse discorsive, né troppe, né troppo poche: le parole giuste, nel modo giusto, al momento e al posto giusto, rapportate all’obiettivo da raggiungere.
Essere più consapevoli del potere delle parole e imparare a trovare quelle giuste per gli altri e con se stessi può modificare radicalmente il modo in cui siamo percepiti o in cui ci sentiamo con noi stessi.
Parlare meglio: gli errori da evitare
È quindi di fondamentale importanza prestare attenzione alla scelta delle parole giuste che ci possono aiutare a comunicare ciò che vogliamo in modo conciso e cristallino.
Di seguito gli errori da evitare per poter rendere i tuoi discorsi limpidi e accattivanti, con te stesso e con gli altri. Leggili e se ti ritrovi, rimedia immediatamente con i suggerimenti sotto.
Interrompere l’interlocutore è antipatico e prevaricante
È l’invasione delle parole pazze, che di efficace hanno un bel niente. Invadere il discorso di chi sta parlando con interventi continui, precisazioni, obiezioni è segno di maleducazione e aggressività.
Guardare altrove o evitare lo sguardo di chi ti parla
Rappresenta un segno di disinteresse ed è una delle cose più inquinanti che ci siano nei rapporti interpersonali. Segnala, inoltre, una grossolana mancanza di rispetto per l’interlocutore che si ha di fronte.
Parlare per esempi è da maestrina che non sa andare in vacanza
Portare esempi personali per qualsiasi cosa l’interlocutore dica lo fa sentire un bambino e ostacola notevolmente l’esposizione.
Troppe parentesi nuocciono al discorso
Farcire il discorso con continui incisi più o meno dettagliati porta il discorso lontano dalla meta e la sua efficacia sù per il cammino.
Ripetere i concetti
Si corre il rischio è di essere percepito come logorroico, prospettiva per niente allettante nelle interazioni della nostra quotidianità. Più un concetto viene ripetuto all’interno di uno stesso discorso, più perde di efficacia e genera noia nell’ascoltatore.
Contorcere il discorso
Continuare a intercalare battutine, brevi considerazioni personali, turpiloqui più o meno colorati rendono la comunicazione un’autentica elucubrazione personale, pesante e priva di interesse.
Bando agli stessi cavalli di battaglia
Varia gli argomenti o i racconti che scegli di condividere, altrimenti apparirai un interlocutore scontato, noioso ed esageratamente pedante.
La battuta finale, anche no
Vuoi mostrarti pcome quello o quella che sa sempre tutto, con la battuta finale pronta? Spero di no, puoi apparire patetico. Non ambire a chiudere sempre la conversazione con una battuta, che se poi non fa ridere, rende l’interazione imbarazzante e poco gradita.
Apprendere ed esercitarsi nell’arte del parlare con arte
Avvicinarsi alla retorica per apprendere l’arte della parola è un primo, decisivo passo per parlare meglio e meno.
I confini della mia lingua sono i confini del mio mondo.
(Ludwig Wittgenstein, filosofo)
L’Arte del Parlare con Arte è il mio primo libro ed è un ottimo punto di partenza.
In alternativa, e più criptico, c’è la Retorica come la concepì il suo primo grande sistematore, Aristotele.
Come dici, hai poco tempo? 🙂
Allora ti lascio scoprire il pensiero di Aristotele brillantemente riassunto dal filosofo contemporaneo Alain de Botton in pochi minuti e buoni, nel video sotto.
https://www.youtube.com/watch?v=csIW4W_DYX4
Il punto è questo: non puoi scoprire il vero potere delle parole senza andare al Chilometro 0 della Comunicazione, ovvero senza conoscere il migliore manuale sull’arte del discorso.
La retorica aristotelica è il punto di partenza per la scalata verso le vette della tua crescita e trasformazione personale. Prenderne consapevolezza è il primo passo verso un obiettivo condiviso: parlare meglio.
Con la retorica tra le mani e allo spirito, una nuova luce si accende sulla vita, su ciò che sei, su ciò che vuoi essere e su come lo vuoi essere. La naturale conseguenza è voler parlare meno e meglio:
- per ottimizzare tempo prezioso della tua vita
- per valorizzare il potere delle parole portatrici di luce
- per creare valore con ciò che dici e come lo dici
Tre aspetti della tua vita che non saranno più le stesse
Una volta raggiunto il Chilometro 0 della Comunicazione, il punto di partenza verso le cime della crescita personale, tre maggiori aree della tua vita non saranno più le stesse. Eccole:
- Mondo Interiore: diventare più consapevole del potere delle parole è il primo passo verso la conquista del mondo interno. Diventi più esigente con te stesso e più tollerante con gli altri, più responsabile e più pragmatico di ciò che dici ,di come lo dici e di quando lo dici. Impari ad ascoltare con maggiore attenzione, te stesso e gli altri, a sentire e soppesare il valore del detto e, soprattutto, del non detto
- Relazioni: Aristotele disse che si devono fare le cose che procurano la felicità. L’arte del parlare con arte ci insegna che le parole sono un efficace strumento per raggiungere il consenso, risolvere le situazioni conflittuali e raggiungere la felicità. Prima però occorre coltivarle le belle parole, educarle e all’occorrenza domarle.
- Obiettivi: la vita è fatta di piccoli passi per raggiungere grandi obiettivi. Ma porsi un obiettivo non basta, è chi lo raggiunge che fa la differenza, con determinazione e costanza. Chi raggiunge i propri obiettivi è anche grazie alla chiara consapevolezza del potere delle parole al momento giusto e nel contesto adatto.
Poniti la domandissima, e rispondi
Poi, potrà capitarti una cosa bellissima che anche a me è capitata proprio al Chilometro 0 della Comunicazione: porsi questa domanda, anzi la DOMANDISSIMA:
COME POSSO AGGIUNGERE VALORE AL POSTO IN CUI VIVO E AL MONDO IN CUI ABITO?
Ecco la mia risposta:
Poniti l’obiettivo di aiutare e sostenere gli altri, di risolvere un loro problema, di portare nella vita delle persone luce e creatività e lavoraci sodo, efficacemente, per raggiungerlo.
Ricorda che le parole hanno un potere straordinario di cambiare le cose in bene o in meno bene. Scegli di curarle, di rinnovarle e renderle soffici anziché spigolose, raggianti anziché opache, finestra non muri.
Il pensiero, la salute e le relazioni, tue e di chi ti sta accanto ne trarranno beneficio.
Vogliono imparare a parlare senza cambiare la loro vita. E a quelli che vogliono cambiare non viene in mente di cominciare parlando.
Sten Nadolny
Quindi:
- se hai davvero a cuore i tuoi obiettivi e li vuoi raggiungere
- se hai davvero a cuore le tue relazioni e le vuoi migliorare
- se hai davvero a cuore te stesso e vuoi rendere il tuo mondo interiore il miglior alleato per conquistare il mondo
Non ti resta che imparare a parlare meglio e diventare:
- più efficace dicendo le cose giuste
- più efficiente dicendo le cose nel modo giusto
Ora sai che cosa fare per parlare meglio con te stesso e con gli altri.
Riassumo, comunque, prima di salutarti:
- prestare attenzione agli errori che ti ho elencato in questo articolo per non indebolire i tuoi discorsi e farti passare per un interlocutore poco interessante.
- andare al Chilometro 0 della Comunicazione per apprendere i fondamenti dell’arte del parlare con arte
- acquisire maggiore consapevolezza sul potere delle parole per poter cambiare prospettiva su tre aree fondamentali della vita: obiettivi, relazioni, mondo interiore
- porsi la domandissima e rispondere
Adesso che hai letto questo post non vorrai mica lasciare la tua comunicazione allo sbando. Alla tua destra trovi l’elenco degli argomenti di questo Blog e, come vedi, ci sono numerosi altri articoli sulla comunicazione efficace, sulle relazioni e su crescita & trasformazione. Scegli le letture che più ti ispirano e riconquista pienamente il potere delle tue parole.
Domande, dubbi, suggerimenti?
Scrivimi a ciao@lucianberescu.it.
A presto, un abbraccio.
Lucian Berescu